Salvatore Midili Salvatore Midili

Il Palazzo di Cnosso – Tra mito e realtà

Il Palazzo di Cnosso è molto più di un sito archeologico: è il cuore simbolico della civiltà minoica e il crocevia dove mito e realtà si intrecciano. Un labirinto di stanze, affreschi e misteri, costruito non solo per stupire ma per raccontare un mondo raffinato e complesso. Qui si cammina tra storie millenarie e leggende immortali: Minosse, il Minotauro, Arianna, Dedalo. E mentre si osservano colonne rovesciate, troni in alabastro, colori accesi e affreschi in movimento, si comprende che Cnosso era più di un palazzo: era un mondo. Un microcosmo urbano, politico e sacro, progettato con una visione architettonica sorprendentemente moderna. Visitare Cnosso è entrare nel tempo, ma senza mai uscire dal mito.

Piero: non possiamo non cominciare la nostra visita con se non con il Palazzo di Cnosso. Siamo davanti al sito archeologico più famoso di tutta Creta. E, probabilmente, il più evocativo del Mediterraneo orientale.

Angela: appena entri, capisci che non è un palazzo qualunque. È un organismo vivo, un dedalo di corridoi, scale, colonne, stanze, magazzini, affreschi. Un luogo che ancora oggi, nonostante i secoli, riesce a disorientare. E a incantare.

Piero: sai che secondo la leggenda a governare questo palazzo fu il re Minosse?

Angela: certo! Il figlio di Zeus, diventato re di Creta e custode di leggi e ordine. Un re temuto, ma anche un giudice saggio e potente. La sua figura è il filo che unisce mito e realtà qui a Cnosso.

Piero: scopriamo il Palazzo nel 1878, grazie a Minos Kalokairinos, un archeologo cretese. Ma è l’inglese Arthur Evans, nel 1900, a dare inizio a un lungo scavo e a “restituire” al mondo la magnificenza di questo complesso.

Angela: e anche a molte polemiche. Perché Evans non si limita a scavare: ricostruisce, forse anche troppo. Usa cemento, colora pareti, reinventa parti mancanti secondo la sua visione. Quello che vediamo oggi è, in parte, una ricostruzione idealizzata.

Piero: e questo, a mio modestissimo avviso, toglie un po' di fascino a questo luogo: toglie spazio all’immaginazione che è sempre una parte per noi importante quando visitiamo un sito archeologico. Il palazzo copriva un’area di oltre 14.000 metri quadrati. Più di mille ambienti distribuiti su più livelli, collegati da scale e cortili. Non era solo residenza reale: era centro politico, religioso, amministrativo.

Angela: ci sono i magazzini del grano e dell’olio, le stanze cerimoniali, le officine, i pozzi di luce. E poi… gli affreschi. Dappertutto. Il più celebre è quello del “Salto del toro”: un giovane che afferra le corna e vola sopra l’animale in una figura elegante, quasi danzante.

Piero: e poi il Principe dei Gigli, con il suo passo fiero. La Processione, con le tuniche fluenti. Le donne con il busto scoperto e gli occhi truccati. È un mondo colorato, dinamico, raffinato. Non sembra antico: sembra ancora in movimento.

Angela: e il colore non è solo sulle pareti. Guarda le colonne: rosse e nere, snelle, rovesciate rispetto a quelle greche. Più larghe in alto, più strette alla base. Un’innovazione minoica unica.

Piero: uno degli ambienti più celebri è la Sala del Trono. Qui troviamo il trono in alabastro, seduto contro la parete, affiancato da panche di pietra. Sulle pareti, affreschi con grifoni, creature mitologiche dal corpo di leone e la testa d’aquila. Anche questa troppo ricostruita. Se volete visitarla, preparatevi a lunghe code sotto il sole.

Angela: non sappiamo se quel trono fosse davvero per un re. Forse per un alto sacerdote. O, chissà, per una regina. Molti indizi ci parlano di una società in cui le figure femminili avevano ruoli centrali, anche religiosi.

Piero: camminando qui, è impossibile non pensare al mito. Al re Minosse, al Minotauro, al filo di Arianna, al labirinto costruito da Dedalo. Forse la realtà era diversa, ma questi racconti sono nati qui. Cnosso li ha ispirati. E ancora oggi li alimenta.

Angela: anche perché, mitologia a parte, l’impatto è reale. Ti muovi tra stanze antichissime, eppure così moderne nella concezione. C'è ventilazione naturale, canali di scolo, pozzi di luce. I Minoici non solo costruivano: progettavano.

Piero: e poi, la posizione. Cnosso non è sul mare, ma in un’area fertile, vicino al fiume Kairatos. Un luogo strategico per controllare la valle, ma anche per restare isolati dal rischio di attacchi via mare.

Angela: alla fine del percorso, ti resta una certezza: Cnosso non era solo un palazzo. Era un mondo. Un microcosmo simbolico, spirituale, urbano, amministrativo. Il cuore di una civiltà che ha lasciato un segno eterno.

Piero: e ogni volta che ne varchi le soglie, è come se ti trovassi a metà strada tra il tempo e il mito. Cnosso è il luogo dove il passato si ostina a rimanere presente.

Angela: un suggerimento: andate a visitarlo presto al mattino, sia perché fa molto caldo sia perché è sempre molto affollato. Ricordatevi che è il sito archeologico più famoso di Creta: è molto frequente trovare enormi comitive sbarcate dalle navi da crociera…

Piero: conviene sempre fare il biglietto on line per evitare le lunghe code e, anche se costa, meglio farsi accompagnare da una guida locale (si trovano anche all’ingresso).

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Festo – Il palazzo del silenzio e della luce

Il Palazzo di Festo è un luogo che affascina in silenzio. A differenza di Cnosso, qui non c’è ricostruzione: solo pietre antiche, luce naturale e un panorama aperto sulla fertile pianura della Messarà. Questo grande complesso minoico, costruito su più livelli e perfettamente integrato nel paesaggio, è un esempio di architettura sobria ma potente. Rampa cerimoniale, grande cortile, magazzini con i pithoi ancora al loro posto, ambienti cerimoniali e spazi amministrativi raccontano una civiltà razionale, elegante, funzionale. Festo è anche il luogo dove fu scoperto il misterioso Disco, simbolo dell’enigma minoico. Tra ombre mobili, scale monumentali e silenzi che sembrano antichi, il palazzo ti accompagna in un viaggio meditativo: qui non si cerca l’effetto, ma la profondità. Qui, più che altrove, Creta si lascia ascoltare.

Angela: dopo Cnosso, pensavo che nessun altro palazzo minoico potesse colpirmi allo stesso modo. Ma Festo è diverso. E forse proprio per questo, ancora più affascinante.

Piero: qui non c'è ricostruzione, nessuna colonna ridipinta, nessun affresco riprodotto. Solo pietra nuda, sole, vento e una vista che si apre ampia sulla pianura della Messarà, fino al profilo dell’Ida, il monte sacro.

Angela: ed è proprio questo che lo rende potente. Cnosso è spettacolo. Festo è poesia.

Piero: secondo la leggenda, questo era il regno di Radamanto, fratello di Minosse, giudice giusto e saggio. In qualche modo, il palazzo sembra rispecchiarne il carattere: meno teatrale di Cnosso, più misurato, più sobrio. Ma non meno grandioso.

Angela: il primo palazzo viene costruito intorno al 1900 a.C., ma viene raso al suolo da un terremoto. Il secondo, quello che vediamo oggi, è del 1700 a.C., anche se nuove scosse e incendi lo danneggiano più volte. I Minoici, però, tornano sempre a ricostruire.

Piero: e lo fanno con grande intelligenza. Il sito è scelto con cura: in cima a un colle che domina la vallata, con pendenze naturali che i costruttori trasformano in forza. Il palazzo è disposto su più livelli e si adatta al paesaggio, invece di combatterlo.

Angela: la rampa cerimoniale che conduce all’ingresso è ancora oggi imponente. È larga, leggermente inclinata, fiancheggiata da grossi blocchi di pietra. Da lì si accede al grande cortile centrale, uno spazio rettangolare delimitato da colonne e gradinate, che doveva accogliere cerimonie pubbliche, danze rituali, incontri politici.

Piero: il cortile è l’asse portante di tutto l’edificio. Come a Cnosso, è il fulcro attorno a cui ruotano magazzini, aree residenziali, officine, depositi. Ma qui il ritmo degli spazi è diverso: più arioso, meno labirintico. La geometria è più leggibile, più razionale.

Angela: e questo rende la visita quasi meditativa. Ci si muove tra spazi aperti e ombreggiati, tra scalinate ampie e piattaforme che sembrano terrazze naturali. Alcuni ambienti conservano ancora i resti delle soglie in marmo, le basi delle colonne, le soglie con incavi per l’incastro delle porte.

Piero: uno degli ambienti più suggestivi è il megaron reale, probabilmente una sala cerimoniale, con pavimentazione in gesso e tracce di pitture parietali.

Angela: ma ci sono anche il quartiere occidentale, dove si trovavano gli uffici amministrativi, e l’archivio, con resti di tavolette d’argilla.

Piero: nel settore sud ci sono i magazzini, con enormi pithoi — le grandi giare in terracotta — ancora in piedi nelle loro cavità rettangolari nel pavimento. Alcune conservano le impronte del contenuto: olio, grano, vino, legumi. Era il cuore economico del palazzo.

Angela: e non dimentichiamo la scalinata meridionale, una delle più grandi dell’architettura minoica. Sei gradini larghi e bassi, che creano una sorta di cavea, una tribuna all’aperto. Alcuni archeologi pensano che qui si tenessero rappresentazioni religiose o politiche.

Piero: il punto più misterioso, però, resta quello dove fu scoperto il celebre Disco di Festo, nel 1908. È una tavoletta circolare di argilla con 241 simboli disposti a spirale, impressi con timbri. Ancora oggi non ne conosciamo il significato: potrebbe essere una preghiera, un messaggio, un gioco. Ma quel disco è diventato simbolo di tutta la civiltà minoica: raffinata, enigmatica, affascinante. Ne parleremo e lo vedremo dopo…

Angela: e poi il panorama. La luce cambia di ora in ora, scivola sulle pietre, scolpisce le ombre. Di fronte, la pianura fertile, punteggiata di ulivi e vigneti. Dietro, i monti. E tutto intorno… silenzio.

Piero: un silenzio pieno di memoria. Festo è la parte più intima di Creta: non urla, ma sussurra. Non si impone, ma resta. È il palazzo che parla solo a chi sa ascoltare.

Angela: anche qui vale il suggerimento di visitarlo nelle prime ore del mattino perché fa veramente caldo e ci sono pochi spazi dove ripararsi dal sole.

Piero: proprio per questo è meglio separare in due giorni diversi le visite dei due palazzi.

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