Salvatore Midili Salvatore Midili

Creta: un’isola che non finisce mai

Tutto inizia con un'idea.

Piero: allora… ci siamo. Valigia chiusa?

Angela: chiusa, strapiena, come sempre. Ma dimmi una cosa: dove andiamo stavolta?

Piero: te lo dico con tre parole: mito, mare, millenni di storia.

Angela: ho capito che torniamo nella tua amata Grecia, ma puoi essere più preciso?

Piero: ti do altri indizi determinanti: il labirinto, Minosse e il Minotauro…

Angela: fermati qua! Ho capito: andiamo a Creta!

Piero: proprio così: Creta, l’isola dove è nato Zeus, dove un re ha costruito un labirinto per nascondere un mostro. Dove i tori volano, gli affreschi parlano e le rovine non sono silenziose.

Angela: sono preoccupata: quanti chilometri mi vuoi far fare questa volta? Lo sai che è lunga più di 250 km? E che per andare da un’estremità all’altra ci vogliono cinque ore d’auto?

Piero: lo so bene, tranquilla. E so anche che una settimana non basterà nemmeno per grattare la superficie. Creta è un continente travestito da isola. È storia stratificata, natura potente, cultura viva. Ogni angolo meriterebbe una sosta lunga. Ogni rovina, una guida. Ogni spiaggia, almeno un tramonto.

Angela: insomma, stai dicendo che ci siamo fatti un regalo bellissimo… ma incompleto.

Piero: in parte sì: significa che a Creta ci dovremo tornare ancora. Noi, per adesso, ci concentreremo su una parte dell’isola. Visiteremo palazzi minoici e antiche città romane, cammineremo tra affreschi, colonne, vasi, ulivi e mari blu. Faremo un viaggio nel tempo, e anche un pò dentro di noi.

Angela: e lo racconteremo passo dopo passo, con le parole e con le immagini. Perché non si può spiegare Creta: si può solo provare a farla sentire.

Una storia lunga millenni

Piero: prima ancora di atterrare, come al solito, mi sono immerso nei libri. E sai che c’è? Più studi Creta, più ti perdi.

Angela: non mi sorprende. È un’isola che ha visto tutto: l’alba della cultura e della civiltà europee, i grandi imperi, i miti che ancora oggi plasmano la nostra immaginazione.

Piero: pensa che tutto comincia nel Neolitico, oltre ottomila anni fa. Qui si viveva già in villaggi fatti di pietra grezza, si coltivava la terra, si producevano vasi con motivi geometrici. E intorno al 3000 a.C., arriva il salto: nasce la civiltà minoica.

Angela: la prima civiltà avanzata d’Europa. E la più enigmatica.

Piero: niente mura, niente armi monumentali, solo bellezza. Meravigliose architetture complesse, arte raffinata e una religione centrata sulla natura e tutta al femminile. Il cuore pulsante erano i palazzi: Cnosso, Festo, Malia, Zakros… più che palazzi, erano vere e proprie città-labirinto.

Angela: ed è proprio da qui che nasce il mito del labirinto. Sai da dove viene quella parola?

Piero: dalla parola “labrys”, l’ascia bipenne, simbolo sacro minoico. Era usata nei rituali, scolpita sulle pareti e rappresentata ovunque nei palazzi. Il “labyrinthos” era, in origine, il palazzo dove si custodiva il sacro. Poi il termine è diventato sinonimo di luogo intricato, inestricabile. Ed è così che il mito si intreccia con l’architettura: corridoi, scalinate, stanze sovrapposte…

Angela: il labirinto per eccellenza è quello dove Minosse rinchiude il Minotauro, il mostro metà uomo e metà toro. Lo costruisce Dedalo, architetto geniale, che poi viene rinchiuso a sua volta e fugge con suo figlio Icaro, volando con ali di cera. Ma Icaro si avvicina troppo al sole…

Piero: e precipita nel mare. Tutto questo nasce da qui. Ma non solo. Anche Zeus nasce a Creta, secondo il mito. Viene partorito in una grotta del monte Dikti, dove Rea si rifugia per proteggerlo da Crono, il padre divoratore di figli.

Angela: i Cureti, armati di scudi e spade, battono i metalli per coprire il pianto del neonato e ingannare Crono. E da quella grotta, il futuro re dell’Olimpo sale al cielo.

Piero: insomma, Creta non è solo storia. È mitologia pura. È il luogo dove la linea tra reale e leggendario si dissolve. Ma non è finita: dopo i Minoici arrivano i Micenei, che importano la Lineare B, la scrittura che finalmente riusciamo a leggere, a differenza della precedente Lineare A. I palazzi vengono incendiati, alcuni ricostruiti, poi abbandonati. È la fine di un’epoca.

Angela: non è certo che le cose siano andate così: un’altra teoria sostiene che la civiltà minoica sia stata distrutta da una violenta eruzione vulcanica nella vicina Santorini e dal conseguente maremoto. In ogni caso, è l’inizio di una nuova era. I Dori, poi i Greci. Dopo Cnosso e Festo, Gortyna diventa città potente e i romani la scelgono come capitale dell’isola. E anche qui, storie e pietre si intrecciano: qui viene inciso il primo grande codice di leggi d’Europa: il Codice di Gortyna appunto.

Piero: poi i Bizantini che costruiscono chiese e monasteri. Gli Arabi arrivano nell’800 e trasformano Heraklion in un emporio fiorente. I Veneziani, nel XIII secolo, rafforzano i porti, erigono castelli, disegnano città eleganti. E nel 1600 arrivano gli Ottomani e con loro moschee, mercati coperti e minareti. Ogni dominazione aggiunge un livello a questo già ricco palinsesto.

Angela: e ancora nel Novecento Creta vive guerre, ribellioni, rivoluzioni. Solo nel 1913 si unisce definitivamente alla Grecia. Ma il suo spirito è rimasto libero. Ma anche testardo e creativo.

Piero: e stratificato soprattutto. Camminare a Creta vuol dire attraversare duemila anni in duecento metri. Vuol dire leggere affreschi e graffiti, ascoltare silenzi e voci. Un’isola dove le pietre non stanno ferme: ti parlano.

Angela: e noi siamo qui per ascoltarle tutte. O almeno provarci.

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Il Palazzo di Cnosso – Tra mito e realtà

Tutto inizia con un'idea.

Piero: non possiamo non cominciare la nostra visita con se non con il Palazzo di Cnosso. Siamo davanti al sito archeologico più famoso di tutta Creta. E, probabilmente, il più evocativo del Mediterraneo orientale.

Angela: appena entri, capisci che non è un palazzo qualunque. È un organismo vivo, un dedalo di corridoi, scale, colonne, stanze, magazzini, affreschi. Un luogo che ancora oggi, nonostante i secoli, riesce a disorientare. E a incantare.

Piero: sai che secondo la leggenda a governare questo palazzo fu il re Minosse?

Angela: certo! Il figlio di Zeus, diventato re di Creta e custode di leggi e ordine. Un re temuto, ma anche un giudice saggio e potente. La sua figura è il filo che unisce mito e realtà qui a Cnosso.

Piero: scopriamo il Palazzo nel 1878, grazie a Minos Kalokairinos, un archeologo cretese. Ma è l’inglese Arthur Evans, nel 1900, a dare inizio a un lungo scavo e a “restituire” al mondo la magnificenza di questo complesso.

Angela: e anche a molte polemiche. Perché Evans non si limita a scavare: ricostruisce, forse anche troppo. Usa cemento, colora pareti, reinventa parti mancanti secondo la sua visione. Quello che vediamo oggi è, in parte, una ricostruzione idealizzata.

Piero: e questo, a mio modestissimo avviso, toglie un po' di fascino a questo luogo: toglie spazio all’immaginazione che è sempre una parte per noi importante quando visitiamo un sito archeologico. Il palazzo copriva un’area di oltre 14.000 metri quadrati. Più di mille ambienti distribuiti su più livelli, collegati da scale e cortili. Non era solo residenza reale: era centro politico, religioso, amministrativo.

Angela: ci sono i magazzini del grano e dell’olio, le stanze cerimoniali, le officine, i pozzi di luce. E poi… gli affreschi. Dappertutto. Il più celebre è quello del “Salto del toro”: un giovane che afferra le corna e vola sopra l’animale in una figura elegante, quasi danzante.

Piero: e poi il Principe dei Gigli, con il suo passo fiero. La Processione, con le tuniche fluenti. Le donne con il busto scoperto e gli occhi truccati. È un mondo colorato, dinamico, raffinato. Non sembra antico: sembra ancora in movimento.

Angela: e il colore non è solo sulle pareti. Guarda le colonne: rosse e nere, snelle, rovesciate rispetto a quelle greche. Più larghe in alto, più strette alla base. Un’innovazione minoica unica.

Piero: uno degli ambienti più celebri è la Sala del Trono. Qui troviamo il trono in alabastro, seduto contro la parete, affiancato da panche di pietra. Sulle pareti, affreschi con grifoni, creature mitologiche dal corpo di leone e la testa d’aquila. Anche questa troppo ricostruita. Se volete visitarla, preparatevi a lunghe code sotto il sole.

Angela: non sappiamo se quel trono fosse davvero per un re. Forse per un alto sacerdote. O, chissà, per una regina. Molti indizi ci parlano di una società in cui le figure femminili avevano ruoli centrali, anche religiosi.

Piero: camminando qui, è impossibile non pensare al mito. Al re Minosse, al Minotauro, al filo di Arianna, al labirinto costruito da Dedalo. Forse la realtà era diversa, ma questi racconti sono nati qui. Cnosso li ha ispirati. E ancora oggi li alimenta.

Angela: anche perché, mitologia a parte, l’impatto è reale. Ti muovi tra stanze antichissime, eppure così moderne nella concezione. C'è ventilazione naturale, canali di scolo, pozzi di luce. I Minoici non solo costruivano: progettavano.

Piero: e poi, la posizione. Cnosso non è sul mare, ma in un’area fertile, vicino al fiume Kairatos. Un luogo strategico per controllare la valle, ma anche per restare isolati dal rischio di attacchi via mare.

Angela: alla fine del percorso, ti resta una certezza: Cnosso non era solo un palazzo. Era un mondo. Un microcosmo simbolico, spirituale, urbano, amministrativo. Il cuore di una civiltà che ha lasciato un segno eterno.

Piero: e ogni volta che ne varchi le soglie, è come se ti trovassi a metà strada tra il tempo e il mito. Cnosso è il luogo dove il passato si ostina a rimanere presente.

Angela: un suggerimento: andate a visitarlo presto al mattino, sia perché fa molto caldo sia perché è sempre molto affollato. Ricordatevi che è il sito archeologico più famoso di Creta: è molto frequente trovare enormi comitive sbarcate dalle navi da crociera…

Piero: conviene sempre fare il biglietto on line per evitare le lunghe code e, anche se costa, meglio farsi accompagnare da una guida locale (si trovano anche all’ingresso).

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Festo – Il palazzo del silenzio e della luce

Tutto inizia con un'idea.

Angela: dopo Cnosso, pensavo che nessun altro palazzo minoico potesse colpirmi allo stesso modo. Ma Festo è diverso. E forse proprio per questo, ancora più affascinante.

Piero: qui non c'è ricostruzione, nessuna colonna ridipinta, nessun affresco riprodotto. Solo pietra nuda, sole, vento e una vista che si apre ampia sulla pianura della Messarà, fino al profilo dell’Ida, il monte sacro.

Angela: ed è proprio questo che lo rende potente. Cnosso è spettacolo. Festo è poesia.

Piero: secondo la leggenda, questo era il regno di Radamanto, fratello di Minosse, giudice giusto e saggio. In qualche modo, il palazzo sembra rispecchiarne il carattere: meno teatrale di Cnosso, più misurato, più sobrio. Ma non meno grandioso.

Angela: il primo palazzo viene costruito intorno al 1900 a.C., ma viene raso al suolo da un terremoto. Il secondo, quello che vediamo oggi, è del 1700 a.C., anche se nuove scosse e incendi lo danneggiano più volte. I Minoici, però, tornano sempre a ricostruire.

Piero: e lo fanno con grande intelligenza. Il sito è scelto con cura: in cima a un colle che domina la vallata, con pendenze naturali che i costruttori trasformano in forza. Il palazzo è disposto su più livelli e si adatta al paesaggio, invece di combatterlo.

Angela: la rampa cerimoniale che conduce all’ingresso è ancora oggi imponente. È larga, leggermente inclinata, fiancheggiata da grossi blocchi di pietra. Da lì si accede al grande cortile centrale, uno spazio rettangolare delimitato da colonne e gradinate, che doveva accogliere cerimonie pubbliche, danze rituali, incontri politici.

Piero: il cortile è l’asse portante di tutto l’edificio. Come a Cnosso, è il fulcro attorno a cui ruotano magazzini, aree residenziali, officine, depositi. Ma qui il ritmo degli spazi è diverso: più arioso, meno labirintico. La geometria è più leggibile, più razionale.

Angela: e questo rende la visita quasi meditativa. Ci si muove tra spazi aperti e ombreggiati, tra scalinate ampie e piattaforme che sembrano terrazze naturali. Alcuni ambienti conservano ancora i resti delle soglie in marmo, le basi delle colonne, le soglie con incavi per l’incastro delle porte.

Piero: uno degli ambienti più suggestivi è il megaron reale, probabilmente una sala cerimoniale, con pavimentazione in gesso e tracce di pitture parietali.

Angela: ma ci sono anche il quartiere occidentale, dove si trovavano gli uffici amministrativi, e l’archivio, con resti di tavolette d’argilla.

Piero: nel settore sud ci sono i magazzini, con enormi pithoi — le grandi giare in terracotta — ancora in piedi nelle loro cavità rettangolari nel pavimento. Alcune conservano le impronte del contenuto: olio, grano, vino, legumi. Era il cuore economico del palazzo.

Angela: e non dimentichiamo la scalinata meridionale, una delle più grandi dell’architettura minoica. Sei gradini larghi e bassi, che creano una sorta di cavea, una tribuna all’aperto. Alcuni archeologi pensano che qui si tenessero rappresentazioni religiose o politiche.

Piero: il punto più misterioso, però, resta quello dove fu scoperto il celebre Disco di Festo, nel 1908. È una tavoletta circolare di argilla con 241 simboli disposti a spirale, impressi con timbri. Ancora oggi non ne conosciamo il significato: potrebbe essere una preghiera, un messaggio, un gioco. Ma quel disco è diventato simbolo di tutta la civiltà minoica: raffinata, enigmatica, affascinante. Ne parleremo e lo vedremo dopo…

Angela: e poi il panorama. La luce cambia di ora in ora, scivola sulle pietre, scolpisce le ombre. Di fronte, la pianura fertile, punteggiata di ulivi e vigneti. Dietro, i monti. E tutto intorno… silenzio.

Piero: un silenzio pieno di memoria. Festo è la parte più intima di Creta: non urla, ma sussurra. Non si impone, ma resta. È il palazzo che parla solo a chi sa ascoltare.

Angela: anche qui vale il suggerimento di visitarlo nelle prime ore del mattino perché fa veramente caldo e ci sono pochi spazi dove ripararsi dal sole.

Piero: proprio per questo è meglio separare in due giorni diversi le visite dei due palazzi.

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Gortyna – La legge nella pietra

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Angela: non lontanissimo da Festo, ci spostiamo a vedere un altro dei meravigliosi siti archeologici di Creta.

Piero: eccoci a Gortyna. Cambia l’epoca, cambia lo stile, ma resta quella sensazione che solo Creta sa dare: quella di essere al centro di qualcosa di antico e fondamentale.

Angela: e stavolta, niente palazzi minoici. Qui siamo molto più avanti nel tempo. Gortyna è romana. Ma anche greca. E anche dorica. È una città che non ha una sola anima, ma molte sovrapposte. E ognuna ha lasciato un segno.

Piero: i primi insediamenti sono del periodo minoico, ma è con i Dori, nell’VIII secolo a.C., che Gortyna diventa importante. Poi i Romani la scelgono come capitale della provincia di Creta e Cirenaica. E da lì inizia una nuova storia.

Angela: è una città ricca, moderna, con acquedotti, terme, teatri, fori, statue. Ma quello che la rende unica non sono solo le rovine, è quello che c’è scritto sulle pietre.

Piero: esatto. Il celebre Codice di Gortyna, inciso direttamente su un lungo muro di pietra calcarea nel V secolo a.C., è la più antica raccolta di leggi civili d’Europa. Un “manuale di convivenza”, diremmo oggi. E non era nascosto in qualche archivio, ma esposto pubblicamente: la legge visibile per tutti.

Angela: dodici colonne di testo, scritte in bustrofedico – una riga da sinistra a destra, la successiva da destra a sinistra, come l’aratro che gira nei campi. Bellissimo anche visivamente.

Piero: e incredibilmente moderno nel contenuto. Parla di matrimonio, eredità, divorzio, proprietà, schiavitù, stupri, adozioni. Preciso, dettagliato, concreto. Non divino, ma civile. Non per gli dèi, ma per le persone.

Angela: come se Gortyna ci dicesse: qui non contano solo i miti. Qui si governa con le parole scolpite nella pietra, non nei templi.

Piero: l’area archeologica si snoda tra uliveti e sentieri di terra. Sembra quasi nascosta (a tal punto che ci siamo passati davanti due volte senza vederla…), e invece è vastissima. Si entra tra le rovine dell’odeon romano, un piccolo teatro semicircolare costruito nel I secolo d.C. Qui si ascoltavano musica, orazioni, poesie.

Angela: ed è proprio accanto all’odeon che troviamo il Codice. Non un monumento isolato, ma parte integrante della vita cittadina. Come se diritto e bellezza fossero la stessa cosa.

Piero: più avanti, resti di strade lastricate e i ruderi della basilica cristiana di Tito, costruita nel VI secolo. Tito, discepolo di San Paolo, secondo la tradizione fonda qui la prima comunità cristiana di Creta.

Angela: qui l’archeologia si fa racconto. Dai Dori ai Romani, dal diritto greco alla fede cristiana, tutto si tiene insieme. E tutto è immerso nel verde. Fichi, ulivi, oleandri. Le pietre affiorano tra le piante come pensieri tra i sogni.

Piero: nella parte più antica si riconoscono ancora i resti del praetorium romano, la sede del governatore. E poco oltre, ciò che resta del foro, con colonne e basi di statue. Non grandioso come Roma, ma pieno di dignità.

Angela: è una città senza mura, come le antiche poleis greche. Forse proprio perché si sentiva sicura, forte delle sue leggi. E di una posizione strategica: al centro della Messarà, non lontana né dal mare né dalle montagne.

Piero: e pensare che nel periodo ellenistico contendeva a Cnosso il controllo dell’isola. Due modelli diversi di potere: Cnosso aveva il mito, Gortyna la legge. Cnosso la corte, Gortyna il foro.

Angela: adesso è tutto quieto, silenzioso. Ma basta leggere quelle righe incise per sentirne ancora la voce. La giustizia, qui, non era un’astrazione. Era una cosa da scolpire. Da mostrare. Da vivere.

Piero: ogni viaggio a Creta è un incontro con qualcosa che ci riguarda ancora. Qui non c’è il labirinto, non ci sono affreschi. Ma ci sono le regole. La dignità della convivenza. E una pietra che non dimentica.

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