Alla scoperta della Sicilia
Piero: questa volta abbiamo deciso di giocare in casa, raccontando della mia terra d’origine, la Sicilia!
Angela: la Sicilia geograficamente ha la forma di un triangolo: questa conformazione le valse l'antico nome di Trinacria, con i tre vertici rappresentati da Capo Lilibeo a ovest, Capo Peloro a nord est e Capo Passero a sud est.
Piero: il nome di Trinacria fu utilizzato già da Omero nell’Odissea. Proprio la sua particolare forma si ritrova anche nel suo simbolo fatto da un volto di donna, Medusa, attorniato da tre gambe che rappresentano i tre vertici. Fin dall’antichità classica, il nome Trinacria fu soppiantato da quello di Sicania (dal nome dei Sicani, i primi abitanti dell’isola) e poi da quello attuale, Sicilia. Il termine deriva forse dalla radice del nome di alcuni frutti che maturano rapidamente (ad esempio Sikè, il fico) a rappresentarne la fertilità; probabilmente invece deriva dal termine italico sica, falce, e sarebbe confermato dal fatto che per i romani questa era terra ricca di grano e quindi di falciatori. Secondo il mito, il nome Sicilia invece deriva da una bellissima principessa costretta a lasciare la sua terra natia per raggiungere quest’isola meravigliosa e luminosa, calda e piena di fiori, di frutti e di profumi, ma assolutamente deserta e solitaria, perché tutta la popolazione era stata uccisa da una peste; fu accolta da un giovane che le diede accoglienza e amore; da lei ebbe origine una razza forte e gentile: l’isola quindi si sarebbe chiamata col nome della donna che l’avrebbe ripopolata. Da sempre è stata considerata la terra del sole, tanto da essere cara al dio Apollo. Sempre secondo il mito la Sicilia sarebbe nata grazie a tre ninfe che vagavano per il mare raccogliendo un pugno di terra da ognuna delle parti più fertili del mondo: scelsero infine il cielo più limpido e azzurro del mondo e, dai tre punti dove si erano fermate, gettarono il loro pugno di terra in mare dando origine all’isola. Secondo un altro mito l’isola sarebbe nata dallo scontro tra gli dei e i giganti: Encedalo, uno di questi, tentò di fuggire ma cadde nel Mediterraneo ed Atena lo seppellì sotto un masso, appunto la Sicilia.
Angela: se anche impiegassimo tutto il blog per raccontare la bellezza e le meraviglie di questa terra, forse non basterebbe, ma proviamoci lo stesso…
Piero: la Sicilia è una terra unica, una meravigliosa fusione di sole, mare e cultura che forse non si riscontra in nessuna altra regione al mondo. Un patrimonio unico, con una concentrazione straordinaria di siti Patrimonio dell’Unesco.
Angela: per non parlare poi della sua storia millenaria che passa attraverso le vicende di fenici, greci, cartaginesi, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi e spagnoli che la hanno plasmata nel tempo.
Piero: cercheremo di conoscere i miti, le tradizioni popolari e i modi di dire, frutto di una cultura millenaria e dell'uso di una lingua comune, il siciliano, che sono ancora vive specie nei piccoli paesini. Tradizioni spesso particolari e a volte pittoresche che hanno creato lo stereotipo tradotto nel termine sicilianità, inteso come particolarità e differenziazione del carattere isolano rispetto a quello delle regioni confinanti.
Angela: una terra ricca di contrasti e di contraddizioni: l’acqua del mare contrapposta al fuoco del vulcano; il nero della pietra lavica che contrasta con l’ocra della pietra calcarea delle città barocche; il verde rigoglioso della costa ed il giallo brullo dell’entroterra; ma soprattutto la magnifica accoglienza e il calore della gente di Sicilia, contrapposte alle peculiarità per le quali Cicerone definisce i siciliani “gente acuta e sospettosa, nata per le controversie”.
Piero: gente che deve il proprio carattere a “una terrificante insularità di animo”, per dirla con Tomasi di Lampedusa, a causa della violenza del paesaggio, della crudeltà del clima, delle dominazioni “esterne” che in cambio di opere d’arte magnifiche e misteriose offrivano solo soprusi e tasse; dominazioni di popoli con una civiltà e cultura fatte e finite alle quali la gente di Sicilia si è sempre piegata senza mai farne germogliare una propria autonoma.
Angela: oggi la Sicilia e i siciliani sono il frutto straordinario di questa storia fatta di civiltà eterogenee per religione, lingua e tradizioni.
Piero: i siciliani sono soprattutto amore per questa terra ed orgoglioso attaccamento alle origini; ma è altrettanto forte un eccessivo senso dell’ineluttabilità del destino unito al rifiuto per il cambiamento. Giovanni Verga, ne “I Malavoglia”, lo spiega bene, descrivendo il culto della "roba" e l’altissimo senso della famiglia cui fa da contraltare la punizione della mala sorte per coloro i quali vogliono cambiare il mondo e sono costretti a tornare al punto di partenza, alla loro terra e alle loro radici; allo stesso modo Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo” racconta come “in Sicilia non importa far male o far bene; il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’; nell’amore più profondo per questa terra, non smetterò mai di rimproverare l’atavica protervia di chi, sempre secondo Tomasi di Lampedusa, non vuole mai migliorare per la semplice ragione che crede di essere perfetto, nascondendo la miseria con la vanità.
Angela: il tuo è sicuramente un grido di dolore di un’amante ferito dalla lontananza. Lo dimostra l’amore e la passione con il quale andremo alla scoperta di tutto ciò che dona fascino a questa meravigliosa terra. In questo meraviglioso viaggio ci accompagnerà un nuovo personaggio più o meno immaginario, il nostro “figlio adottivo”, Alberto, pronto a darci i suoi suggerimenti ed i suoi spunti.
Piero: parleremo certamente di località note, cercando di far scoprire gli aspetti più particolari e meno conosciuti; ma andremo alla ricerca anche di località meno battute dalle ordinarie rotte del turismo.
Angela: si parte allora! Ecco il programma:
Milazzo;
Salina;
Tindari;
Novara di Sicilia;
Gole dell’Alcantara;
Scala dei Turchi;
Etna;
Taormina;
Siracusa: Ortigia e il Parco Archeologico della Neapolis;
Modica;
Catania;
Ragusa Ibla;
Noto;
Piazza Armerina: la Villa Romana del Casale
Piero: seguiteci allora!
Piazza Armerina: la Villa del Casale
Scopri Villa del Casale a Piazza Armerina, un sito archeologico unico in Sicilia famoso per i suoi mosaici romani. Esplora le storie nascoste nei dettagli artistici, le stanze maestose e l’architettura di una residenza imperiale, patrimonio UNESCO. Ideale per gli amanti della storia e dell’arte!
Alberto: bentornati in Sicilia ragazzi! Ancora una tappa in questa meravigliosa terra.
Angela: Eccoci! Dove andiamo questa volta?
Alberto: anche questa volta una tappa veloce di una giornata scarsa per vedere una piccola perla della Sicilia sud orientale.
Piero: mi avevi promesso che avremmo fatto un altro meraviglioso tuffo nella storia.
Alberto: proprio così: vi porto alla scoperta di uno dei simboli del periodo di dominazione romana sull’isola.
Piero: penso di aver capito: stai parlando di Piazza Armerina e più precisamente della Villa del Casale?
Alberto: esatto! Vi porterò nel cuore della Sicilia, in provincia di Enna, a poco più di un’ora da Catania. Seguitemi allora.
Alla scoperta della Villa del Casale di Piazza Armerina
Angela: guarda che meraviglia, Piero! Solo l’ingresso con tutte queste colonne lascia senza fiato. Mi emoziona sapere che questo posto risale addirittura al IV secolo d.C e dal 1997 fa parte dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, l’ennesimo sito qui in Sicilia.
Piero: è vero, questa villa è unica. È stata probabilmente costruita come residenza di lusso per un alto funzionario o, forse, un imperatore. L'abbondanza di mosaici e la loro qualità non lasciano dubbi sul fatto che chiunque vi abitasse voleva fare colpo sui suoi ospiti.
Angela: la scoperta della villa si deve a Gino Vinicio Gentili, che nel 1950 ne intraprese l'esplorazione in seguito alle segnalazioni degli abitanti del posto.
Piero: tra il V e il VI secolo, la villa è stata riadattata in maniera significativa, con l'area abitativa ampliata e fortificata. L'insediamento medievale che ne è derivato, chiamato Palatia è stato poi distrutto, tra il 1160 e il 1161, dal re normanno Guglielmo I il Malo. Tra il XIV e il XV secolo, dopo le devastazioni dei secoli precedenti, prende vita un nuovo centro agricolo denominato il Casale, da cui proviene l’odierna denominazione dell’area archeologica. A seguito di successivi danneggiamenti e alluvioni, e dei conseguenti smottamenti che hanno ricoperto molte zone del complesso, l’antico insediamento romano è stato definitivamente abbandonato: proprio grazie a questa copertura che tutto lo splendore della Villa si è conservato per giungere fino ai nostri giorni.
Angela: i resti della villa oggi si presentano come quattro nuclei separati: l’ingresso monumentale a tre arcate con cortile a ferro di cavallo; il corpo centrale della villa, organizzato intorno ad una corte a peristilio quadrangolare, dotata di giardino con vasca; il grande spazio, preceduto da un peristilio circondato a sua volta da un altro gruppo di vani; infine il complesso termale, con accesso dall'angolo nord-occidentale del peristilio quadrangolare.
Piero: la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina, in Sicilia, è un esempio sublime di villa di lusso romana tardo-imperiale e simboleggia l’utilizzo del territorio da parte dei Romani in quanto centro della grande proprietà sulla quale si basava l’economia rurale dell’Impero d’Occidente. E’ una delle più lussuose del suo genere ed è famosa per la ricchezza e la qualità dei suoi mosaici, che ne sono il simbolo, prima ancora della sua grandezza; è una preziosa testimonianza delle abitudini di vita della classe dominante romana oltre a mostrarne le influenze culturali reciproche tra mondo romano e area nordafricana. La villa si sviluppa in 48 ambienti (circa 3500 metri quadri di superficie) ricoperti da mosaici in perfetto stato, forse eseguiti da maestri africani, che permettono di ripercorrere la storia del più grande fra gli imperi, con scene di vita quotidiana, raffigurazioni di eroi e divinità, scene di caccia e di giochi.
Entriamo nella Villa del Casale!
Angela: eccoci finalmente! Questa è la Corte d’Onore, giusto? Guarda il pavimento! Già i primi mosaici sono fantastici e ci anticipano la meraviglia che scopriremo.
Piero: esatto, è un'area dove si accoglievano i visitatori e i mosaici erano un modo per comunicare il prestigio del proprietario. Ecco, ora stiamo entrando nel famoso "Corridoio della Grande Caccia"! Ci sono scene con animali e figure mitologiche, un vero e proprio omaggio al mondo della caccia.
Angela: questo è davvero spettacolare! Il mosaico qui è lungo oltre sessanta metri e racconta una scena di caccia esotica. Ci sono leoni, tigri, elefanti… perfino una scena con dei cacciatori che trasportano gli animali catturati su una nave.
Piero: questo corridoio era l’elemento centrale della villa, usato per collegare tutte le stanze principali. Vedi, ogni scena ha un movimento, quasi come se gli animali stessero lottando per la loro libertà. È incredibile come gli artisti abbiano usato le tessere per dare un senso di movimento e profondità.
Angela: sì, riesci proprio a percepire la drammaticità della caccia. Ma guarda, a destra ci sono altre sale. Andiamo a vedere?
Piero: certo! Entriamo nella "Sala delle Dieci Ragazze", o come la chiamano tutti, la "sala delle ragazze in bikini".
Angela: questa sala è diventata famosa per le figure delle giovani atlete. Guarda, sembra quasi un ritratto di una gara sportiva: ci sono ragazze che giocano con la palla, sollevano pesi, fanno esercizi. Alcune ricevono corone di alloro, come se fossero premiate per le loro prestazioni.
Piero: esattamente, è una scena di ginnastica, e dimostra quanto lo sport fosse importante nella cultura romana. È straordinario vedere un mosaico del IV secolo che rappresenta donne così attive.
Angela: è impressionante come abbiano reso le figure con così tanti dettagli, dai volti alle acconciature. Hanno davvero una personalità! Ora dove andiamo?
Piero: andiamo verso la "Sala del Circo". Questo è un altro mosaico interessante, raffigura una corsa di carri in un circo romano. Guarda i dettagli: i cavalli, i conducenti, il pubblico… sembra di assistere a una gara dal vivo.
Angela: mi fa pensare a una scena di benvenuto, come se il proprietario volesse condividere l’eccitazione di questi eventi con i suoi ospiti. Il senso del movimento qui è impressionante!
Piero: infatti, i mosaici qui alla villa non servivano solo come decorazione, ma erano anche un modo per raccontare storie e affascinare chi li guardava. Proseguiamo con il "Peristilio"?
Angela: il famoso giardino circondato dalle colonne! Qui si sente davvero un’atmosfera di pace. Al centro, ci sono alberi e fiori, mentre tutto attorno, sui pavimenti, ci sono mosaici con animali e scene di vita rurale.
Piero: questo era un luogo di riposo, di incontro per i proprietari e i loro ospiti. Immagina com’era passare del tempo qui, circondati da opere d’arte e dalla natura. E in fondo al peristilio c’è la "Sala degli Amanti".
Angela: la sala con la scena d’amore restituisce un’immagine davvero delicata: un uomo e una donna su un letto, con un coppiere che porta da bere. È come uno sguardo sull’intimità dell’epoca romana.
Piero: una rappresentazione sorprendente, che mostra come i romani apprezzassero anche l’aspetto intimo e privato della vita. Ora vediamo la "Basilica", che era un grande spazio usato probabilmente per le riunioni ufficiali.
Angela: qui l’atmosfera cambia: il mosaico del pavimento raffigura figure allegoriche, divinità, e animali. È come un luogo solenne, di riflessione. Forse il proprietario aveva anche un ruolo amministrativo.
Piero: questa villa ci racconta molto della complessità sociale e culturale di quel tempo. Infine, ci sono le terme! Entriamo?
Angela: non vedo l’ora. Il "Frigidarium" è la prima sala delle terme. Qui gli ospiti facevano il bagno freddo prima di spostarsi nelle sale riscaldate. Le decorazioni sono più sobrie, ma i mosaici rappresentano creature marine come pesci e delfini.
Piero: è incredibile come ogni stanza abbia un tema diverso. I romani non lasciavano nulla al caso. Passiamo alla sala del "Tepidarium", la sala tiepida. Questo mosaico raffigura tritoni e ninfe, esseri legati all’acqua. Chissà, forse per augurare un momento di pace e tranquillità.
Angela: ogni dettaglio sembra studiato per creare un’atmosfera specifica. E guarda qui il "Calidarium", la sala più calda. Riesci a immaginare quanto doveva essere avanzato il sistema di riscaldamento per quei tempi?
Piero: assolutamente, i romani erano dei veri maestri in questo. Pensa che avevano già un sistema di ipocausto: un pavimento rialzato sotto il quale circolava aria calda per riscaldare la stanza. Davvero un’innovazione. Pensa utilizzavano anche delle latrine e le utilizzavano come veri e propri luoghi di incontro…
Angela: che dire questa villa è molto più di quanto ci si possa aspettare. Ogni stanza racconta una storia, ogni mosaico trasmette un’emozione. È come entrare davvero nella vita dell’epoca. Basta guardare questa carrellata di immagini di tutte le altre stanze che non abbiamo citato.
Piero: concordo: la Villa del Casale non è solo un sito archeologico, ma un viaggio nel tempo, un’immersione nella bellezza, nella cultura e nell’arte di un periodo storico incredibilmente affascinante.
Angela: non c’è che dire, è stata una visita indimenticabile. Ripercorriamola in questo breve video.
Noto
Passeggiare per Noto è come fare un tuffo nel passato, immersi nella bellezza del barocco siciliano. Ogni strada è un trionfo di eleganza, con facciate in pietra dorata che al tramonto si tingono di calde sfumature arancioni. Il Corso Vittorio Emanuele, la via principale, si apre tra chiese maestose e palazzi nobiliari, rivelando ad ogni passo dettagli intricati, come balconi in ferro battuto e decorazioni scolpite. Il profumo dei fiori e dei dolci tipici siciliani avvolge l’aria, mentre il suono delle campane risuona tra le vie. La maestosità della Cattedrale di San Nicolò domina la scena, incorniciata da una scalinata monumentale. Ogni angolo di Noto regala scorci da cartolina, dove l’arte e la storia si fondono in un’esperienza unica, che affascina e incanta il visitatore.
Alberto: bentornati in Sicilia ragazzi! Ancora una tappa in questa meravigliosa terra.
Angela: Eccoci! Dove andiamo questa volta?
Alberto: pronti per una nuova meraviglia? Vi porterò ancora una volta alla scoperta del barocco siciliano, esattamente nella sua capitale, un’altra perla della Sicilia, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Piero: questa è facile: Noto!
Alberto: esatto! Salite a bordo del van e seguitemi allora.
Eccoci a Noto!
Piero: finalmente siamo qui. Noto, la capitale del barocco siciliano, qual è la tua prima impressione? Ti sembra proprio come la immaginavi?
Angela: assolutamente sì, anzi, è ancora più maestosa dal vivo! L'atmosfera è unica: le strade ampie, i palazzi monumentali, sembra di essere entrati in un’altra epoca. E la luce! Le pietre calcaree degli edifici riflettono una luce calda e dorata che non ho mai visto da nessun’altra parte.
Piero: la luce qui è davvero unica, perfetta per la mia passione per la fotografia, merito delle pietre bianche utilizzate per costruire la città, che danno questo effetto incantevole. Sai che Noto come la vediamo oggi è una città ricostruita dopo un terribile terremoto?
Angela: sì, certo, il terremoto del 1693 che ha distrutto gran parte della Sicilia orientale, ne avevamo parlato quando siamo stati a Ragusa Ibla. La ricostruzione di Noto però è stata una vera e propria opera d'arte: i migliori architetti dell’epoca furono chiamati per riprogettare la città, e oggi abbiamo questo capolavoro di urbanistica barocca.
Piero: proprio così, dopo il terremoto, la città fu spostata più a valle, dove si trova oggi. Il progetto di ricostruzione ha trasformato Noto in uno dei migliori esempi di città barocca al mondo, con edifici che creano un’armonia perfetta.
Angela: prima di quel disastro, esisteva una Noto antica, arroccata sui monti Iblei, otto chilometri più a nord, sul monte Alveria. L’antica Noto risale all'età del bronzo antico (III millennio a.C.). Il nome deriva prima dal greco, poi trasformato nel latino Netum: per questo motivo gli abitanti sono chiamati netini.
Piero: greci, romani e arabi hanno fatto di Noto una città sempre più importante; normanni e aragonesi si sono avvicendati nei secoli, dall’anno mille fino al terremoto. Dalla dominazione araba e fino al XIX secolo, Noto con la sua importanza strategica ha mantenuto anche il ruolo di principale centro della valle, perso poi a favore di Siracusa: fino al 1865 era infatti Noto il capoluogo di provincia, poi trasferito proprio a Siracusa.
La nostra passeggiata a Noto
Angela: una giornata ci sarà sufficiente per scoprire la meraviglia di questa città. Il nostro punto di partenza è la Porta Reale, o Ferdinandea, l'ingresso storico di Noto.
Piero: si tratta di un monumento edificato nel 1838 in occasione della visita del Re delle due Sicilie, Ferdinando II di Borbone: da allora la Porta Reale accoglie i visitatori, preannunciando la meraviglia, l’eleganza e il fascino di Noto.
Angela: da qui ha inizio Corso Vittorio Emanuele, la via principale del centro di Noto. Incontriamo subito la prima piazza, quella dell’Immacolata, dove si affaccia la chiesa di San Francesco d'Assisi, alla sommità di una bellissima scalinata, con a fianco l’imponente torre campanaria.
Piero: poco più avanti si trova la bellissima chiesa di Santa Chiara, ufficialmente denominata Chiesa di Santa Maria Assunta: anche se la facciata non è tra le più belle, il suo interno, è un vero splendore. Attenzione perché non vi si accede dal corso, ma da una via laterale.
Angela: arriviamo adesso al momento più atteso della nostra visita, in Piazza Municipio, che ospita il simbolo e la cartolina della città: la Cattedrale di San Nicolò.
Piero: ad accoglierci è lo splendore della sua maestosa scalinata e la facciata che si erge quasi a toccare il cielo. L’architettura barocca qui raggiunge il suo apice, con un'attenzione al dettaglio e alla monumentalità che lasciano senza fiato. La facciata è stata restaurata dopo che la cupola è crollata a causa di un terremoto nel 1996: oggi fortunatamente, grazie ad un’attenta ricostruzione, possiamo ammirarla in tutto il suo splendore.
Alberto: la bellezza scenografica della chiesa è sicuramente amplificata dall’enorme scalinata: l’una e l’altra le avete sicuramente viste immortalate in quasi tutte le pubblicità che parlano della Sicilia. Uno dei momenti più emozionanti e interessanti per le vostre foto è senz'altro il tramonto, quando i raggi del sole che colpiscono la pietra regalano alla Cattedrale delle sfumature di rosso e arancio che la rendono unica.
Angela: mi affascina sempre come un edificio religioso possa rappresentare tanto una comunità. Qui si percepisce davvero la devozione e la volontà di creare un simbolo che duri nel tempo. Immagino che sia anche un luogo di grandi eventi religiosi, vero?
Piero: esattamente. Durante la festa di San Corrado, il patrono di Noto, la Cattedrale diventa il cuore pulsante della città. Le celebrazioni attirano moltissimi fedeli e turisti, e si creano momenti di intensa partecipazione emotiva. Ma oltre alla Cattedrale, Noto è piena di edifici spettacolari.
Angela: proprio di fronte alla Cattedrale si trova poi Palazzo Ducezio, dal nome del condottiero romano importante per la storia di Noto antica e oggi sede del Municipio. È famoso soprattutto per la Sala degli Specchi, un ambiente riccamente decorato, con un effetto visivo che rende tutto quasi surreale. Vale poi la pena ammirare la Cattedrale anche dalla sua terrazza panoramica.
Piero: a proposito di terrazza panoramica, vale la pena fare una visita alla Chiesa di San Carlo al Corso, altro splendido esempio di barocco, con balconi e terrazze che danno sulla piazza e sulla Cattedrale, offendo un ulteriore splendido punto di vista panoramico.
Angela: imperdibile poi non fare un salto in via Nicolaci che ospita una serie di palazzi che rappresentano la massima espressione del barocco. In particolare Palazzo Nicolaci di Villadorata è uno dei palazzi nobiliari più sontuosi e affascinanti di tutta la città. Tutti i palazzi barocchi sono adornati da balconi arricchiti da putti, statue di figure mitologiche, di cavalli alati, leoni e sirene, oltre a decorazioni di ogni tipo e bellissime ringhiere in ferro battuto: quelli di Palazzo Nicolaci sono forse i più belli in assoluto.
Piero: ci avviamo alla fine del corso e visitiamo un’altra delle bellezze di Noto: il Teatro Comunale, un piccolo gioiello del XIX secolo. Dal barocco qui passiamo al neoclassico, il teatro è intitolato a Tina di Lorenzo, attrice originaria di Noto. Per la sua raffinatezza, la forma a ferro di cavallo con quattro ordini di palchi, sembra la “Scala di Milano in miniatura”.
Angela: proprio di fronte al teatro si trova l’ultima delle attrazioni che abbiamo visitato lungo Corso Vittorio Emanuele: in Piazza XVI Maggio si trova la chiesa di San Domenico, con la splendida facciata barocca, caratterizzata da splendide colonne e nicchie.
Vivere Noto
Angela: un luogo così ricco avrà anche tradizioni e feste molto particolari.
Piero: una delle più famose è senza dubbio l'Infiorata, che si svolge ogni anno a maggio. L'intera Via Nicolaci viene trasformata in un tappeto di fiori colorati. Gli artisti usano petali di fiori per creare disegni incredibili, ispirati spesso alla cultura siciliana o a temi religiosi. È una festa che celebra la bellezza, la creatività e l'arte.
Angela: deve essere un'esperienza indimenticabile. Camminare lungo quelle strade fiorite, respirando i profumi, e osservando questi capolavori temporanei dev'essere un sogno. Ma la festa ha radici religiose o è puramente artistica?
Piero: è un po’ di entrambe le cose. L'Infiorata è legata alle celebrazioni per la primavera e alla devozione religiosa, ma ha anche un forte carattere artistico. La Sicilia è famosa per saper combinare sacro e profano nelle sue festività. E poi, tutta la comunità partecipa: è un modo per sentirsi uniti e celebrare insieme la bellezza.
Angela: sai, dopo aver camminato per queste strade e assaporato la storia, ho una gran voglia di esplorare anche un’altra parte della cultura siciliana: il cibo! Cosa dobbiamo assolutamente assaggiare qui a Noto?
Piero: qui a Noto non puoi perdere le scacce, una sorta di focaccia ripiena, tipica di queste zone. Ma c'è anche la pasta alla norma, con melanzane fritte, pomodoro e ricotta salata. Una vera delizia siciliana.
Angela: e per quanto riguarda i dolci? Ho sentito che la pasticceria siciliana è una delle migliori al mondo.
Piero: Verissimo! Noto è famosa per la sua produzione di mandorle, quindi devi assolutamente provare la granita alle mandorle, perfetta nelle calde giornate siciliane. E poi, naturalmente, i cannoli e la cassata. Ma una chicca che non tutti conoscono è il miele di Noto, che viene utilizzato in molte preparazioni locali.
Angela: Granita alle mandorle, cannoli, miele… mi stai facendo venire l’acquolina in bocca! Immagino che in queste piccole pasticcerie storiche si possano scoprire sapori autentici.
Arrivederci a Noto!
Piero: Noto non è solo una città per turisti. La vita qui scorre lenta e tranquilla. La gente è accogliente e molto legata alle tradizioni. Camminare per le strade significa incontrare persone che chiacchierano tra di loro, che si conoscono e si salutano. È come se la città vivesse in una dimensione a parte.
Angela: lo sto notando anch’io. C’è una sorta di calma che ti avvolge, anche se sei in pieno centro. Noto sembra fatta apposta per chi ama prendersi il tempo di godersi ogni momento. Non c’è fretta, non ci sono orari serrati. È come se la città ti invitasse a rallentare.
Piero: qui puoi sederti in un bar, gustarti un caffè o una granita e guardare la vita che scorre intorno a te. Non c’è bisogno di correre, perché ogni angolo di Noto merita di essere esplorato con calma. E poi, questo senso di comunità è una delle cose che rendono Noto così speciale.
Angela: è proprio quello che cercavo in questo viaggio. Non solo vedere i monumenti, ma vivere la città, respirarne l’atmosfera. E Noto è il luogo perfetto per farlo. La storia, la bellezza, la gentilezza delle persone… è come se tutto si combinasse per creare un’esperienza unica.
Alberto: sono felice che Noto vi abbia colpiti così tanto. È una città che ti rimane nel cuore e qui, ogni volta che torni, trovi qualcosa da scoprire: proprio per questo vi invito a tornare ancora.
Piero: lo faremo senz’altro! Intanto, per scoprire il fascino senza tempo di Noto, godetevi la meraviglia della nostra passeggiata in questo video.
Ragusa Ibla
Non è semplice descrivere a parole il fascino di un luogo come Ragusa Ibla, una delle tante perle del barocco siciliano: l'immagine che appare di Ibla, affacciandosi da uno dei punti panoramici lungo la scalinata che la collega a Ragusa è davvero l'immagine più forte di questo posto meraviglioso in cui il tempo sembra essersi fermato al secolo scorso.
Alberto: bentornati in Sicilia ragazzi! Ancora una tappa in questa meravigliosa terra.
Angela: Eccoci! Dove andiamo questa volta?
Alberto: questa volta una tappa veloce di una giornata scarsa per vedere una piccola perla della Sicilia sud orientale.
Piero: immagino che ci immergeremo ancora nel barocco siciliano.
Alberto: in realtà si trattava di un’antica città greca ricostruita in stile barocco dopo un terremoto.
Piero: penso di aver capito: stai parlando di Ragusa e di Ibla in particolare?
Alberto: esatto! Seguitemi allora.
Da Hybla Heraia a Ragusa Ibla
Piero: come ci è successo quando siamo stati a Modica, già il viaggio in sé è un’esperienza magnifica, tra ulivi, carrubi e colline ricoperte di boschi: qui sull’altopiano ragusano, i paesini e gli insediamenti urbani sono distanti tra di loro e la natura ha ancora conservato i propri spazi.
Alberto: anche questa perla del barocco, un vero e proprio piccolo scrigno di tesori, per il suo grande valore storico e architettonico è considerata, come altre località della Val di Noto, Patrimonio dell’Umanità per l’Unesco.
Angela: il centro storico di Ragusa Ibla sorge sul sito dell’antica città greca di Hybla Heraia. Ben poco rimane però del nucleo originale, andato in gran parte distrutto da un devastante terremoto che nel 1693 ha colpito tutta la Sicilia orientale. Ragusa è stata quindi ricostruita in due siti distinti: Ragusa Superiore, la città moderna, sorge infatti nella piana, mentre Ragusa Ibla è stata ricostruita in stile barocco sulle rovine dell’antica città sulla collina.
Alberto: nel 1866 il quartiere di Ibla si separa amministrativamente da Ragusa, diventando comune autonomo col nome di Ragusa Inferiore; il nome di Ragusa Ibla, per il comune autonomo, arriva solo nel 1922.
Piero: dal 2 gennaio 1927, quando la città di Ragusa viene elevata a capoluogo di provincia, i due comuni ragusani vengono nuovamente riuniti. Oggi Ibla è la parte storica e artistica sicuramente più interessante di Ragusa. I ragusani oggi la chiamano solamente Ibla, o Iusu, in dialetto, proprio perché è il quartiere più basso della città.
Passeggiando per i vicoli di Ragusa e Ibla
Angela: la nostra visita non sarà lunghissima: le attrazioni principali possono essere tranquillamente visitate in mezza giornata, ma se volete godervi il meglio di Ibla, varrebbe la pena passarci almeno una giornata intera.
Piero: anche perché i monumenti riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità sono ben diciotto e questo la dice lunga sulla bellezza di questa cittadina.
Angela: troviamo agevolmente parcheggio nella zona nuova della città di Ragusa e, per raggiungere Ibla, dovremo percorrere ben 340 gradini in discesa, che fin dall’inizio ci svelano la bellezza di questa cittadina: subito all’inizio ci fermiamo per raccogliere l’immagine da cartolina che più di tutte rappresenta Ibla.
Piero: della città nuova, quella più in alto, ci fermiamo a visitare la cattedrale, la Chiesa di San Giovanni. Scopriremo che la città iblea è nota per avere due santi patroni, San Giovanni per Ragusa Superiore e San Giorgio per Ragusa Ibla. La cattedrale di San Giovanni Battista ha una facciata in stile barocco ornata con statue e tre portali. E’ stata costruita per gran parte nel ‘700 ed ha una pianta a croce latina e vanta pregevoli cappelle decorate con stucchi in stile rococò dorato e statue in marmo policromo. A fine agosto, partono dalla cattedrale i solenni festeggiamenti in onore del patrono con la processione di ceri al seguito della statua del santo preceduta dall’Arca Santa.
Alberto: ci avviamo adesso verso via delle scale, appunto la scalinata che ci porterà a Ibla. Il percorso è già una bella e ricca anticipazione. La prima tappa è sicuramente quella del Palazzo della Cancelleria, uno dei diciotto monumenti di Ragusa Patrimonio dell’Umanità, primo splendido esempio di raffinato barocco.
Piero: continuando nel nostro percorso, arriviamo di fronte alla Chiesa di Santa Maria delle Scale, monumento forse non indimenticabile ma posizionato in un luogo così panoramico da essere una tappa imperdibile di questo itinerario a Ragusa: dal piazzale antistante la chiesa si può ammirare tutto il centro storico della città e la cupola della Chesa di San Giorgio che vedremo tra poco.
Angela: osservando da qui il panorama, non si può non notare il campanile con la cupola blu cobalto della chiesa di Santa Maria dell’Itria, realizzata nel XIV secolo dai Cavalieri di Malta, sorge nel vecchio quartiere ebraico della città.
Piero: arrivati in fondo alla scalinata, ci aspettano un dedalo di vicoli stretti che si aprono su graziose piazzette sulle quali si affacciano decine di palazzi maestosi e di chiese ricche di decorazioni: l’impressione che sì ha è quella di essere in uno spazio fin troppo piccolo per ospitare tanta bellezza e tanta poesia, una bellezza che non è mai eccessiva e pomposa, ma semplicemente maestosa e quasi intima.
Angela: la nostra scoperta di Ibla comincia dal cuore pulsante della cittadina, Piazza del Duomo, dove vale la pena fermarsi per un caffè o una granita.
Piero: proprio all’estremità più alta della piazza si trova il duomo, la bellissima Chiesa di San Giorgio, preceduta da una monumentale scalinata, cinta da un’imponente cancellata in ferro battuto. E’ stata costruita tra il 1744 e il 1775 su progetto di Rosario Gagliardi e, insieme alla omonima Chiesa di San Giorgio nella vicina Modica, è considerata come una delle opere più rappresentative del barocco ibleo ed un emblema di tutta l’architettura barocca siciliana.
Angela: la maestosa e ricca facciata convessa domina la monumentale scalinata; il portale principale è fiancheggiato da tre pilastri su ciascun lato, che proseguono fino al piano superiore, oltre il quale si eleva il campanile riccamente scolpito e decorato. La parte centrale è sormontata da una cupola alta più quaranta metri, aggiunta solo nel 1820. All’interno ospita le tre navate ornate con numerose opere d’arte; meravigliosa è la pala d’altare del XVIII secolo.
Alberto: avrete notato che in queste zone la a devozione a San Giorgio è molto forte e risale alla dominazione normanna: a Ragusa Ibla, l’ultima domenica di maggio, si tiene la festa in onore del patrono della città, con la processione per le vie di Ibla della statua equestre del santo che ha sconfitto il drago, portata a spalla dai fedeli e seguita da una folla di devoti.
Angela: un’altra curiosità questa volta profana; sicuramente vi sarà capitato di vedere questa chiesa, con la scalinata e la piazza in televisione: sono infatti la chiesa e la piazza di Vigata che, nella fiction, ospitano le avventure de “Il Commissario Montalbano”.
Piero: salendo da Piazza Duomo, verso la parte alta della cittadina, si raggiunge via Solarino, una strada panoramica che si affaccia sulla cupola di San Giorgio: è possibile da qui scoprire uno scorcio unico sui tetti di Ibla, ma soprattutto vedere da molto vicino la cupola della Chiesa di San Giorgio con le sue vetrate colorate e i suoi elementi architettonici barocchi.
Angela: dalla parte opposta della piazza rispetto al duomo, sulla destra dietro un angolo relativamente nascosto, si trova la Chiesa di San Giuseppe.
Piero: oltre alle chiese, dei diciotto monumenti di Ragusa Ibla riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, fanno parte ben otto palazzi nobiliari appartenuti alle famiglie più in vista della città: si notano soprattutto grazie ai balconi finemente scolpiti. Si tratta principalmente di Palazzo Cosentini e Palazzo Bertini, famoso per le tre maschere presenti nelle volte delle finestre che rappresentano le tre figure tipiche dell’età barocca: un mendicante, un mercante e un nobile. Degni di nota sono ancora i palazzi Zacco, Schininà, Sortino-Trono, Nicastro, Battaglia e La Rocca. Non fa parte dei siti Patrimonio dell’Umanità, ma merita sicuramente una sosta il Circolo di Conversazione in piazza Duomo: qui lo stile è neoclassico ed è stato realizzato per volere dall’aristocrazia locale a metà ottocento come ritrovo lontano dalla folla.
Alberto: sempre nella stessa direzione, allontanandosi dalla piazza, si arriva al Giardino Ibleo, un parco pubblico con tante palme e un bel panorama sui monti perfetto per una breve sosta o per il pranzo al sacco. All'interno si trovano un'area gioco per i bambini, una fontana ideale per rinfrescarsi nelle giornate più calde e due chiese: quella di San Giacomo apostolo e quella di Sant'Agata dei cappuccini. Nelle vicinanze si trova anche il portale di San Giorgio, ciò che resta dell’antica chiesa del XII secolo, distrutta dal terremoto del 1693.
Arrivederci Ragusa!
Piero: una visita breve ma sicuramente piacevole che si conclude con un’immagine bellissima della città dopo il tramonto illuminata di luci color ocra.
Angela: una perla del barocco che rappresenta una tappa imperdibile nella scoperta della Val di Noto.
Piero: godetevi quindi la meraviglia della nostra passeggiata in questo video.
Catania
Catania unisce alla sua vivacità e frizzantezza, un'eleganza unica con il suo barocco "nero". Più volte distrutta e ricostruita è vegliata, protetta e minacciata dall'Etna che le fa da sfondo. Vi portiamo con noi in una passeggiata di un giorno a scoprirne tutte le meraviglie. Si parte da Piazza Duomo, con la badia di Sant'Agata: la salita sulla cupola offre un panorama unico di tutta la città; poi la Cattedrale, dedicata alla santa protettrice; al centro della piazza, la fontana con l'elefante, simbolo di Catania. Accanto alla piazza si trova il mercato del pesce, vivace e colorato. Da non perdere poi la visita ad uno dei palazzi nobiliari più belli e caratteristici: Palazzo Biscari. Proprio da qui si raggiunge il teatro intitolato al grande musicista catanese Vincenzo Bellini. Attraversando via Etnea si raggiunge Villa Bellini, lo splendido parco cittadino. La passeggiata continua con via dei Crociferi da cui si raggiunge la particolare chiesa di San Nicola che ospita i grandi ceri votivi e una bellissima meridiana. Proprio li accanto si trova il monastero dei Benedettini. La nostra passeggiata si conclude con il teatro romano, ormai incastonato tra le costruzioni ed il castello Ursino, costruito sotto Federico II.
Alberto: bentornati in Sicilia ragazzi! Siete pronti a ripartire alla scoperta di questa meravigliosa terra?
Angela: pronti, certo! Dove andiamo questa volta?
Piero: sai che ogni volta ci atterriamo, ci passiamo ma non la abbiamo mai vista?
Alberto: indizio semplice semplice il tuo…
Angela: stai pensando a Catania?
Piero: certo! Abbiamo visto di tutto, ma non ci siamo mai fermati in questa meravigliosa città, se non di passaggio.
Alberto: ci vorrebbero due o tre giorni per visitare al meglio Catania, ma proverò a farvi vedere il meglio in una sola giornata.
Piero: lasciamo il nostro van comodamente al parcheggio di Piazza Paolo Borsellino, a due passi da centro e gestiremo completamente a piedi la nostra visita.
Melior de cinere surgo
Angela: non è solo l’iscrizione che si trova su una delle porte di Catania, la porta Ferdinandea, ma è proprio la perfetta sintesi della storia della città.
Piero: risorgerò dalle ceneri ancora più bella, è la frase che sintetizza la fierezza di una popolazione che, instancabile, continua a ricostruire sempre più bella la propria città, più volte distrutta, sulle ceneri della precedente.
Alberto: quando si parla di Catania, il pensiero va immediatamente all’Etna, il vulcano che allo stesso tempo minaccia e protegge la città: “a muntagna”, infatti, come lo chiamano qui, è come una madre severa che cura e punisce i propri figli; allo stesso modo, l’Etna segna nel bene e nel male la storia di Catania.
Angela: Catania oggi è il frutto della sua travagliata storia. Passeggiando per il suo centro storico convivono una forte impronta tardo–barocca, con chiese e palazzi signorili, accanto a teatri, anfiteatri e terme, di epoca greca e romana, tutti insieme uniti dal colore nero cinereo della pietra lavica.
Alberto: la storia di Catania ha inizio nel 729 a.C. quando i greci, provenienti dalla città di Naxos, fondarono Katanè, che acquisì notorietà come città commerciale greca fino al V secolo a.C.. Da questo momento in avanti, i conflitti con Siracusa e le relative sconfitte portano all’abbandono della città, con gli abitanti costretti a trasferirsi presso l’attuale Lentini prima e Paternò poi. Solo a partire dal IV secolo a.C. la città fu ripopolata, fino alla conquista dei romani del 263 a.C., nel corso della prima guerra punica.
Angela: quello romano per Catania è un periodo di grande splendore: a questa fase infatti risalgono la costruzione del tessuto urbano e viario, in parte ancora attuale. Chiaramente risalgono a questa epoca la costruzione dell’anfiteatro, del teatro e dell'odeon, oltre ai numerosi complessi termali e all'efficientissimo sistema di approvvigionamento idrico, a testimonianza della ricchezza e dell'elevato livello della qualità della vita che dovette caratterizzare Catania durante l'età imperiale.
Angela: dopo il periodo bizantino, vandali, arabi, normanni, svevi, angioini e aragonesi lasciano un’impronta molto forte a Catania, con la costruzione di palazzi, chiese e del Castello Ursino sotto Federico II.
Piero: per Catania l’alto medioevo è un periodo di lenta decadenza che trova il suo culmine nell’eruzione del 1693. Nonostante la storia della città, come detto, sia stata sempre minacciata e caratterizzata dalla forza distruttrice dell’Etna, questa eruzione ha praticamente distrutto Catania, uccidendo gran parte dei suoi ventimila abitanti dell’epoca.
Angela: la città viene subito ricostruita grazie ad un progetto unitario di Giuseppe Lanza, Duca di Camastra, realizzato dall'architetto siciliano Giovan Battista Vaccarini, discepolo del Bernini. Il fervore della ricostruzione porta rapidamente Catania alla rinascita, attirando maestranze e architetti e favorendo una forte ripresa economica. E’ a quest’epoca che si deve lo splendore odierno della città, grazie alla realizzazione di strade larghe e dritte, di palazzi e chiese uniformi per stile, decorazioni e materiali, con l'impiego sia della pietra lavica nera che della pietra calcarea chiara: tutto questo porta ad una specifica definizione ed identificazione di un barocco catanese che caratterizza il centro storico, dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità.
Piero: nel periodo borbonico, Catania perde parte del suo prestigio a favore di Palermo, con la sua economia basata fondamentalmente sull’agricoltura e sul latifondo. Con l’unità d’Italia inizia la rinascita catanese, grazie all’impulso allo sviluppo commerciale e industriale guidato da un giovane sindaco e futuro ministro degli esteri, Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano. Questa è anche una fase storica di profonda trasformazione sociale rapida e tumultuosa dove, da una parte, si trovano i nuovi ricchi e l’antica aristocrazia che, grazie al trasformismo, mantiene il potere e, dall’altra, coloro i quali ne rimangono esclusi. Dei sentimenti di questi ultimi si fa interprete la corrente letteraria del verismo siciliano che ha il suo massimo esponente in Giovanni Verga, che riesce a raffigurare perfettamente i cosiddetti “vinti” sia tra i poveri ne I Malavoglia che tra gli aristocratici in Mastro Don Gesualdo.
Angela: Catania può essere considerata a ragione come capitale della cultura siciliana, grazie al fermento letterario e architettonico di cui hai detto prima e ad una figura di spicco nella musica come Vincenzo Bellini. In questo solco, non va dimenticato come Catania sia stata la sede della prima università siciliana, una delle più antiche al mondo, il Siculorum Gymnasium, fondata nel 1434.
Piero: anche la natura, nonostante tutto, è stata generosa con questa città: infatti la terra vulcanica è sempre stata fertilissima con agrumeti e vigneti che circondano Catania verso il vulcano. Anche le coste sembrano rispecchiare i colori dell’architettura della città: a sud infatti si trova la Playa, con i suoi chilometri di sabbia dorata, mentre a nord, si trovano le scogliere di lava che culminano nella mitica Riviera dei Ciclopi e nei faraglioni di Aci Trezza.
Angela: chiaramente anche qui sono impareggiabili i sapori, gli aromi, i frutti e i piatti tipici della tradizione culinaria.
Piero: oggi Catania è una città moderna che ospita uno dei più grandi poli high tech italiani, noto come Etna Valley.
Le meraviglie di Catania in un solo giorno
Angela: con questa storia alle spalle, le aspettative sono sicuramente tante e non vedo l’ora di scoprire tutte le meraviglie di questa città.
Piero: certo una giornata, anche se intera, non è il tempo che la scoperta di Catania merita, ma è sufficiente per vederne le attrazioni principali.
Alberto: cominciamo allora la nostra piacevole passeggiata estiva e ci muoviamo dal parcheggio, attraversando i giardini Pacini verso Porta Uzeda, ingresso da sud al centro storico e soprattutto a Piazza Duomo. La porta si apre nelle cinquecentesche mura di Carlo V ed è intitolata al viceré spagnolo Giovanni Francesco Paceco, duca di Uceda appunto.
Angela: attraversiamo Piazza Duomo dedicando adesso uno rapido sguardo alla bellissima Cattedrale di Sant’Agata a destra e alla fontana dell’elefante a sinistra. Ci fermeremo con calma dopo. Approfittiamo intanto per visitare la Badia di Sant’Agata che si trova di fronte al fianco sinistro della cattedrale.
Piero: la chiesa della Badia di Sant'Agata è una meravigliosa testimonianza della ricostruzione tardo barocca seguita al terremoto del 1693 a Catania. Architettura romana e barocca si combinano perfettamente; di particolare interesse sono i marmi dei pavimenti e degli altari. Dopo il restauro del 2015 è diventato accessibile il percorso delle terrazze e della cupola dal quale si può ammirare un panorama unico, dall’alto, su tutta la città, dal mare alla montagna. Ne facciamo la nostra prima tappa, presto al mattino, evitando così le code e la ressa dei turisti, dedicando a questo spettacolo tutto il tempo necessario.
Angela: dopo aver visto dall’alto la cattedrale e la sua cupola, ci avviamo proprio alla scoperta di uno dei simboli di Catania: la Cattedrale.
Piero: la cattedrale è dedicata alla vergine e martire Sant'Agata, patrona della città di Catania cui i catanesi dedicano in febbraio, con particolare devozione, una delle più importanti feste della cristianità nel mondo.
Angela: La chiesa è stata più volte distrutta e ricostruita dopo i tanti terremoti che si sono susseguiti nel tempo. La prima edificazione risale all’XI secolo, sulle rovine delle Terme Achilliane di epoca romana. L'edificio attuale è frutto congiunto dell’opera dell'architetto Girolamo Palazzotto, che si è occupato dell'interno, mentre Giovanni Battista Vaccarini ha disegnato e seguito i lavori della facciata.
Piero: usciamo dalla cattedrale e siamo nuovamente su Piazza Duomo. Al centro della piazza si trova la Fontana dell’Elefante, simbolo della città.
Angela: anche questo monumento è stato realizzato da Vaccarini in occasione della ricostruzione dopo il terremoto. L’architetto si è ispirato all’obelisco della Minerva a Roma realizzato dal Bernini. Fontana e piedistallo sono di marmo bianco, così come le due statue che raffigurano i due fiumi di Catania, il Simeto e l'Amenano. L’obelisco che sovrasta la statua dell’elefante e di granito richiama quelli egizi: probabilmente si trattava di una delle due mete (l’altra si trova nel cortile di castello Ursino) del circo romano di Catania.
Piero: l’elefante, realizzato in epoca incerta in pietra lavica con occhi e zanne bianche in pietra calcarea, è l’elemento centrale e soprattutto è il simbolo della città di Catania. “U Liotru”, come lo chiamano i catanesi, secondo la leggenda deve il suo appellativo alla storpiatura del nome Eliodoro, un nobile catanese che, tentando di diventare vescovo, sarebbe caduto in disgrazia, diventando mago e autore della statua. Eliodoro sarebbe stato messo al rogo ed il vescovo della città avrebbe fatto portare la statua fuori dalle mura per farla dimenticare, ma il popolo le avrebbe ugualmente tributato degli onori divini. Secondo altre leggende un elefante avrebbe cacciato degli animali feroci durante la fondazione dell’antica Catania e poi ancora, durante la guerra tra cartaginesi e catanesi, questi ultimi avrebbero catturato tutti gli elefanti degli invasori: l’elefante e la statua quindi sarebbero il simbolo di questi successi leggendari.
Angela: contrariamente alle fantasiose versioni popolari, la statua dell'elefante è lo gnomone della meridiana posta al centro di Piazza Duomo. Il monumento è pertanto misuratore del tempo grazie alla luce del sole ed è quindi "eliotrico", in dialetto catanese diventato "liotru". I catanesi la hanno sempre considerata una statua magica, in grado di proteggere il centro abitato dalle eruzioni dell'Etna: oggi il pachiderma è inserito nello stemma comunale, della città metropolitana e dell'università oltre che essere la mascotte delle principali società sportive locali.
Piero: proprio vicino a Piazza Duomo, dietro alla fontana dell’Amenano, conosciuta anche come “Acqua o linzolu”, si trova lo storico mercato del pesce, luogo simbolo del territorio che, attraverso i prodotti e i pescatori, racconta storie meravigliose ogni giorno, dalle prime ore del mattino fino all’ora di pranzo (attenzione: è chiuso la domenica).
Angela: qui il tempo sembra essersi fermato ed è davvero piacevole fare una passeggiata tra i colori, i suoni e gli odori di questo luogo. Sui banchi sui banchi, l’azzurro delle alici, il nero delle seppie, l’argento delle spigole e delle orate, il rosso del tonno o del pesce spada appena affettati contrasta con il bianco del marmo; ascoltare gli inviti dei pescatori e la loro arte di mercanteggiare lasciata in eredità dagli arabi è una vera esperienza di folklore siciliano, autentica e diversa ogni giorno. “A piscaria”, come la chiamano i catanesi, sembra il posto in cui si possono trovare i pescatori di cui parlava Verga ne “I Malavoglia”, seppur non ci si trovi ad Aci Trezza.
Piero: passeggiando per i vicoli, coperti dai coloratissimi ombrelli, i banchi del pesce si a bancarelle con frutta e verdura di stagione, chioschi dove potersi dissetare o ordinare un finger food.
Angela: chiudiamo la nostra mattinata con la visita a Palazzo Biscari.
Piero: il centro storico di Catania è caratterizzato dalla presenza di bellissimi palazzi nobiliari, a testimonianza degli importanti trascorsi di questa città. Chiaramente non ci è possibile visitarli tutti e scegliamo Il più importante palazzo privato di Catania, preziosa testimonianza del barocco siciliano con i suoi saloni affrescati ricchi di fascino ed eleganza.
Angela: si tratta della storica dimora, ancora abitata, della famiglia Paternò Castello dei principi di Bìscari. Il palazzo originariamente venne edificato sulle mura di cinta di Catania, e i Bìscari furono una delle poche famiglie aristocratiche della città che ottenne il permesso regio di costruire su di esse. Il palazzo originariamente si affacciava sul mare: con l’espansione della città, oggi dista qualche centinaio di metri dal mare.
Piero: interessante visitarlo accompagnati da una guida. Da non perdere la facciata esterna lato mare con i gruppi allegorici che rappresentano abbondanza, prosperità, fertilità e saggezza.
Angela: il salone delle feste è forse l’ambiente interno più interessante, in stile rococò con splendidi specchi, stucchi e affreschi ed il cupolino centrale usato come alloggiamento dell'orchestra. Si accede alla cupola attraverso una scala decorata a stucco (che il principe Ignazio chiamò "a fiocco di nuvola").
Piero: infine vale la pena visitare gli appartamenti della principessa con le boiseries di legni intarsiati e i pavimenti di marmo di epoca romana.
Angela: alcune curiosità sul palazzo: tra i celebri visitatori del palazzo si ricorda soprattutto lo scrittore Johann Wolfgang Goethe che, nel corso del suo viaggio in Italia, venne ricevuto dal principe di Biscari; nel 2008 il palazzo ha fatto da sfondo al video della canzone Violet Hill della band inglese Coldplay; durante la seconda guerra mondiale, il salone delle feste è stato adibito dagli inglesi a campo da tennis, con una pallina che ha danneggiato uno dei quadri: la regina Elisabetta II se ne è “scusata” durante la sua visita negli anni ’80.
Angela: ultima tappa della nostra mattinata è la visita al Teatro Massimo, intitolato al grande musicista catanese Vincenzo Bellini, poco distante da Palazzo Biscari, nell’omonima piazza. Inaugurato nel 1890, il Teatro Bellini, splendido nella sua architettura, è il cuore della vita musicale: ha una capienza di circa 1200 posti, un’acustica perfetta e ospita ogni anno una stagione d’opera e balletto, una stagione sinfonica e una da camera.
Piero: a questo è punto arriva il momento di una pausa, con una granita o un arancino (mi raccomando, con la “o”…) magari di fronte a Villa Bellini.
Angela: era ora! Godiamoci un po' di fresco nel più importante parco di Catania. In origine il palazzo apparteneva alla famiglia Paternò Castello (gli stessi di Palazzo Biscari). Per i catanesi il Giardino Bellini è semplicemente “a Villa”, luogo di svago, di relax, di passeggiate e di incontri ed ospita numerose specie di piante anche esotiche e ultracentenarie, con il viale delle celebrità che ospita i busti delle più grandi personalità catanesi.
Piero: dalla via Etnea, una delle principali vie dello shopping catanesi, raggiungiamo Piazza Stesicoro, dove si vedono i pochi resti dell’Anfiteatro Romano, modesti però e poco curati. Passiamo rapidamente oltre e ci avviamo verso la nostra prossima tappa.
Angela: arriviamo a via dei Crociferi, una vera esplosione di architetture e atmosfere barocche. Nonostante sia molto breve, è davvero una delle vie più belle della città, tanto da essere scelta come location cinematografica, ad esempio ne “Il bell’Antonio” di Bolognini, “Storia di una capinera” di Zeffirelli e “I Vicerè” di Faenza. Nel giro di appena duecento maestri ospita quattro splendide chiese.
Piero: la leggenda narra che l’arco di San Benedetto che chiude la via, attiguo alla chiesa omonima, venne costruito in una sola notte e che vi girasse un cavallo senza testa.
Angela: non lontano da qui si trova la chiesa di Chiesa di San Nicolò l'Arena. Si tratta di una costruzione austera e imponente, sia all’interno che all’esterno.
Piero: oltre ad essere un sacrario militare che ospita le salme di diversi militari catanesi caduti nelle due guerre mondiali, al suo interno si trovano alcuni cerei usati durante i festeggiamenti in onere della Santa Patrona.
Angela: nel transetto si trova una grande meridiana che si estende per quaranta metri tra le due cappelle di San Benedetto da Norcia e San Nicola di Bari.
Piero: adiacente alla chiesta, si trova il Monastero dei Benedettini, patrimonio UNESCO che oggi ospita la sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania,
Angela: voluto e costruito appunto dai monaci benedettini nel XVI secolo, è un esempio di integrazione architettonica tra epoche diverse e sorge sui resti di un’antica città romana oramai sepolta. Molto bello il chiostro: vale la pena dedicare un’ora di tempo per la visita guidata.
Piero: ormai stanchi, continuiamo il nostro giro verso il teatro romano.
Angela: se vi aspettate di vederlo aprirsi in tutta la sua imponenza, rimarrete delusi, perché qui a Catania, il teatro è ormai nascosto dai palazzi che gli sono stati costruiti intorno e a ridosso. Vi si accede infatti, come fosse un normalissimo palazzo, dal civico 266 di via Vittorio Emanuele.
Piero: risale al II secolo d.C. e confina con un teatro minore detto Odeon. Probabilmente è stato costruito su una precedente struttura greca. Come detto, oggi è attorniato da palazzi nobiliari che nel tempo lo hanno anche deturpato ed in parte occupato; successivi espropri e demolizioni, lo hanno restituito in gran parte al suo antico splendore.
Angela: ultima tappa della nostra visita a Catania è un altro dei simboli della città, Castello Ursino.
Piero: il castello fu costruito sotto Federico II di Svevia nel XIII secolo, su quella che era la riva del mare: le colate laviche hanno fatto si che adesso il mare disti un centinaio di metri. Oggi è sede del museo civico della città etnea.
Arrivederci Catania!
Angela: terminiamo così la nostra giornata nella splendida Catania. Abbiamo visitato la gran parte delle meraviglie della città etnea.
Piero: non mi aspettavo una città tanto moderna e dinamica da una parte e ricca di storia e tradizioni dall’altra.
Angela: Catania unisce alla sua vivacità e frizzantezza, un'eleganza unica con il suo barocco "nero". Più volte distrutta e ricostruita è vegliata, protetta e minacciata dall'Etna che le fa da sfondo.
Piero: godetevi quindi la meraviglia della nostra passeggiata in questo video.
Modica
Alberto: siete pronti ragazzi? Si riparte. Dopo aver visto Siracusa, andiamo alla scoperta adesso della Val di Noto e del barocco.
Angela: bellissimo! Dal 2002 questo territorio è Patrimonio dell’Umanità.
Piero: nei prossimi giorni visiteremo alcune perle di questo territorio: oggi cominciamo da Modica, famosa oltre che per il barocco, anche per il cioccolato e per essere la patria di Salvatore Quasimodo.
Angela: siamo pronti allora! Andiamo!
Modica, arriviamo!
Piero: Modica dista da Siracusa circa 70 chilometri, in direzione sud ovest. La strada non è complicata: usciti da Siracusa si prende l’autostrada A18 in direzione Gela e si esce a Rosolini; di qui si procede per 40 chilometri circa sulla provinciale 70 che porta dritti a Modica.
Angela: la cittadina è piccola e non si fa fatica a parcheggiare; una volta lasciato il van praticamente non ci servirà più. Il nostro programma prevede di visitare le principali attrazioni in poco più di mezza giornata, pranzo completo.
Alberto: Modica sorge su un altopiano nella parte meridionale dei Monti Iblei, non lontano da Ragusa, e si sviluppa sui fianchi delle due vallate e sulle colline sovrastanti. Si presenta come un affascinante dedalo di casette, viuzze e lunghe scale. Il centro storico mantiene l'impianto medievale che si sviluppa intorno allo sperone della collina del Pizzo, sul quale poggiava l’inaccessibile castello.
Angela: le case addossate le une sulle altre sono spesso l'estensione delle antiche grotte, abitate fin dall'epoca preistorica: una volta queste centinaia di grotte erano direttamente abitate, oggi sono state inglobate e fanno parte integrante delle costruzioni delle epoche successive.
Piero: la citta ha origini antichissime, abitata prima dai sicani e poi dai fenici, prima delle dominazioni greca e romana. Da Modica sono passati bizantini, vandali e goti nel medioevo, è poi il turno dei saraceni a cavallo dell’anno mille, cacciati poi dai normanni, per concludere con angioini e aragonesi.
Angela: il mito vuole che sia stata fondata da Ercole. L’eroe greco infatti, nella sua decima fatica cattura i buoi rossi del gigante Gerione e si dirige in Italia, ma i buoi che porta con sé gli vengono rubati in Sicilia. Ercole viene aiutato a ritrovare le bestie da una giovane donna greca, Motia. Per gratitudine l’eroe greco fonda tre città esattamente nei luoghi in cui ritrova i buoi, dedicandole tutte alla donna: nascono Mozia, vicino a Marsala, l’altra Mozia, nei pressi di Agrigento ed infine la nostra Modica.
Modica fra scalinate e vicoli
Alberto: cominciamo la nostra mattinata per vedere tutto al meglio (e soprattutto per fotografarlo…) ci vorranno circa due ore. E poi vorrei lasciarvi lo spazio per una piccola sorpresa…
Angela: cominciamo subito allora!
Piero: Modica è costruita a ripiani e terrazze irregolari, collegati tra loro da scalinate e salite tortuose. Addentrandosi nei vicoli, ad ogni passo e ad ogni gradino corrisponde una nuova scoperta: Modica è la città delle “cento chiese”, dei ricchi palazzi nobiliari ma anche di bellissime case semplici e di vecchie botteghe, che tutte insieme regalano scorci meravigliosi.
Alberto: proprio da una di queste meravigliose scalinate, ci avviciniamo al monumento più famoso e scenografico, la chiesa di San Giorgio, che unisce la parte bassa e la parte alta della città.
Angela: è considerato uno dei luoghi di culto barocchi più imponenti di tutta la Sicilia. A renderlo maestoso contribuiscono sicuramente i duecentocinquanta scalini che precedono l’ingresso ma soprattutto i suoi sessanta e più metri di altezza che lo rendono visibile da ogni punto della città. La facciata è di un caldo colore dorato, tipico dello stile barocco che contraddistingue tutta la città ed è frutto della scelta di ricostruzione dopo il terremoto del 1693 che ha distrutto gran parte della val di Noto. Ha cinque portoni di ingresso ed all’interno è suddiviso in cinque navate con ventidue colonne con capitelli di stile corinzio. Ospita un grande organo con quattro tastiere e ben tremila canne, alcune tele e statue pregiate, un grande polittico dietro l’altare e una meridiana solare sul pavimento.
Piero: proprio alla sinistra del duomo, si trova palazzo Polara, anch’esso in stile barocco. L’ingresso va prenotato ed all’interno si conservano mobili, affreschi e suppellettili che riportano ad atmosfere passate. Il palazzo ha una balconata con una meravigliosa vista sulla città. Questo, insieme agli altri palazzi nobiliari che costellano la cittadina, testimonia il passato glorioso di Modica.
Angela: a partire dalla riconquista da parte dei normanni, Modica è diventata una contea, forse una delle più importanti di tutto il mezzogiorno, tanto che il suo territorio comprendeva tutti i comuni dell’attuale provincia di Ragusa più le baronie di Alcamo e Calatafimi in provincia di Trapani e altre città sparse per l’isola. Con l’abolizione dei feudi, nell’ottocento, Modica ha perso il suo potere, tanto che nel 1927 è stata Ragusa ad essere elevata a provincia. Dico questo perché adesso ci dirigiamo verso un altro dei simboli della città, il castello.
Alberto: dista dal duomo solo pochi vicoli ed un’altra discreta scalinata… meglio prima controllare gli orari di apertura per evitare sorprese.
Piero: il castello dei conti è arroccato in cima a uno sperone roccioso e, insieme al duomo, domina la città. Si tratta di un castello medievale del quale rimane veramente poco, in conseguenza del terremoto del 1693. E’ possibile fare una piacevole passeggiata su quello che rimane della cintura muraria. Vicino alle mura del castello si trova la torre dell'orologio, costruita sui resti di una torre di avvistamento distrutta sempre dal terremoto.
Modica e Quasimodo
Alberto: visto che siamo alla fine del nostro giro nella parte alta della città, vi porto alla scoperta di uno dei più illustri personaggi cui Modica ha dato i natali: Salvatore Quasimodo.
Piero: Salvatore Quasimodo è nato a Modica il 20 agosto 1901 ma il rapporto con la sua città natale non è stato idilliaco. Intanto perchè, una volta diventato celebre, il poeta ha preferito indicare Siracusa come città natale, forse per il legame della città aretusea con la Magna Grecia e la cultura classica a lui più vicina. In secondo luogo, il poeta si è dovuto trasferire all’età di due anni a Roccalumera, nel messinese, per esigenze lavorative del padre ferroviere: per il fatto di aver trascorso qui l’infanzia Quasimodo si è legato sentimentalmente di più a quest’ultima località più che a Modica.
Angela: nonostante tutto, oggi Modica riconosce la grandezza di uno dei suoi cittadini più illustri, insignito con il premo Nobel per la letteratura nel 1959.
Piero: non lontano dal castello, sempre nella parte alta della città, si trova infatti la casa natale del poeta. Si riconosce per la targa a ricordo posta proprio davanti. La casa oggi ospita il museo in ricordo del grande letterato ed è possibile visitarlo con il supporto di una straordinaria e appassionata guida. Nello studio e in camera da letto si trovano i mobili e gli oggetti appartenuti a Quasimodo e si ha l’occasione di ammirare un gran numero di fotografie autografate, insieme a edizioni speciali delle sue opere e cimeli a lui appartenuti. La visita con il racconto della guida dura una mezz’ora e si conclude con il video della cerimonia della consegna del Premio Nobel a Stoccolma e con la voce registrata del poeta che recita alcune sue opere. Ne vale assolutamente la pena!
Alla scoperta del cioccolato di Modica
Angela: finito il nostro giro della città alta, torniamo verso Corso Umberto I che è la via principale della città bassa. E’ oggi il ritrovo serale, sia per i turisti che per gli abitanti: qui è possibile bere qualcosa, assaggiare un arancino o semplicemente camminare con un gelato.
Piero: non può mancare certamente l’assaggio di una delle specialità per le quali Modica è famosa nel mondo: il cioccolato. La particolarità del cioccolato di Modica è che viene lavorato a freddo per fare in modo che lo zucchero rimanga granuloso: in bocca non si scioglie, ma si sbriciola. Superbo quello fondente ma è anche possibile trovarlo in diverse varianti, come alla cannella, al peperoncino o addirittura al vino.
Angela: con questa deliziosa sorpresa si chiude la nostra visita di Modica.
Piero: davvero una piacevole scoperta nel cuore del baracco siciliano; arte e cultura disseminate tra vicoli e scalinate che regalano scorci meravigliosi. Vale sicuramente trascorrere una giornata nella terra di Quasimodo e del cioccolato.
Alberto: adesso ci tocca tornare a prendere il nostro van, la nostra giornata continua. Arrivederci Modica!
Piero: aspetta un attimo! Vale sicuramente la pena rivedere la nostra gita in questo video:
Parco Archeologico Neapolis
Alberto: sveglia ragazzi! E’ un’altra bellissima mattina qui a Siracusa e noi non abbiamo ancora finito di vedere le bellezze di questa città!
Angela: ci siamo! Dicevi che la nostra visita non era ancora finita, ma il tempo a disposizione non è tantissimo: abbiamo solo questa mattina.
Alberto: vedrete che sarà sufficiente. Siracusa offre davvero tanto, ma le cose da non perdere sono sostanzialmente due e la prima la abbiamo già vista.
Piero: la seconda è facile: si tratta del Parco archeologico della Neapolis.
Alberto: esattamente! E’ una vera meraviglia che vi lascerà a bocca aperta. Abbiamo anche la fortuna di visitarlo in una stagione poco calda e sicuramente poco affollata.
Angela: pronti allora! Andiamo!
Eccoci al Parco Archeologico della Neapolis…
Alberto: si trova nel cuore di Siracusa, nella parte nord occidentale della città, e la strada da percorrere è davvero poca: alloggiando in città, dalle parti di Ortigia, si può anche raggiungere a piedi.
Angela: immagino che in primavera ed in estate sia complicato parcheggiare, nonostante la presenza di un ampio parcheggio. Tra Natale e Capodanno facciamo invece veramente poca fatica…
Piero: anche le file per i biglietti e per l’ingresso sono praticamente inesistenti. Attenzione ai mesi del grande turismo di massa: forse è meglio premunirsi acquistandoli on line.
Alberto: facciamo i biglietti e siamo pronti per la nostra visita: prima però facciamo una breve sosta al bar di fronte alla biglietteria per un caffè…
Piero: un consiglio valido soprattutto per l’estate: se non vi siete portati dietro l’acqua (specie per i bambini), non dimenticate di acquistarla; qui di solito fa davvero caldo e molti tratti del percorso sono scoperti e sotto il sole.
Alberto: per vedere tutto al meglio (e soprattutto per fotografarlo…) ci vorranno circa due ore.
Angela: cominciamo subito!
Immergiamoci nella storia
Alberto: iniziamo subito il nostro cammino nel luogo che forse più di ogni altro a Siracusa rappresenta al meglio la sua storia millenaria.
Piero: il Parco Archeologico della Neapolis così come lo vediamo oggi è il frutto di una lunga e difficile opera di recupero e salvaguardia cominciata negli anni cinquanta del secolo scorso. La parte principale del parco è sicuramente rappresentata dai monumenti di epoca greca e romana, ma non sono da trascurare neppure le testimonianze di altre epoche, da quella preistorica a quella bizantina. La sensazione è quella di trovarsi in un museo a cielo aperto!
Angela: si estende su ben 240 mila metri quadrati, alle pendici meridionali dell’altopiano dell’Epipoli; il vero cuore del parco si trova su un’altura che prende il nome di Temenite, dal greco temenos, che significa santuario: qui infatti sorgeva dedicato ad Apollo. In epoca greca, quest’area si trovava fuori dalle mura che proteggevano la città vera e propria. Ci sono tuttavia testimonianze di insediamenti umani fin dall’età del bronzo.
Piero: se è vero che un primo teatro esisteva già a partire dal V secolo a.C., è al tiranno Jerone II che si deve la gran parte dello splendore di quest’area: grazie a lui, infatti, il teatro è stato completato ed è stata realizzata la grandiosa ara che porta il suo nome. Con i romani, in età augustea, è stato costruito l’anfiteatro, proprio nei pressi del teatro greco.
Angela: grande protagonista di questo parco è sicuramente l’archeologia; a rendere però unico il paesaggio è anche la rigogliosa vegetazione delle latomie: questo termine deriva dal greco ed è composto da lâs, pietra, e tomíai, tagliare; si tratta quindi di cave di pietra o di marmo che nell'antichità greco-romana erano usate per incarcerare schiavi, prigionieri di guerra o delinquenti in genere. Uno spettacolo della natura nello spettacolo dell’archeologia, dunque!
Piero: ricordando quanto visto ad Ortigia e pensando a quello che andremo a vedere adesso è facile capire perché Cicerone descrivesse Siracusa come “la più grande e la più bella fra le
città greche”.
Le Latomie e la Tomba di Archimede
Angela: il nostro percorso inizia proprio dalle latomie: visitiamo in sequenza quella dell’Intagliatella e quella di Santa Venera.
Piero: proseguendo si raggiunge la tomba di Archimede: si tratta però di un falso storico; il monumento infatti è di epoca romana ed è però la tomba più maestosa ed è per questo che si pensava fosse quella del più illustre siracusano di tutti i tempi.
Angela: si passa poi alla più bella delle latomie, quella del Paradiso. È la più grande e sicuramente la più scenografica con la sua vegetazione lussureggiante fatta di aranci, cedri, limoni, palme, capperi, e fichi d’India. Sembra un luogo incantato e di straordinaria bellezza naturalistica ed il suo percorso è solo parzialmente visitabile; da questa latomia si estraevano i blocchi di pietre più grandi e in alcuni suoi tratti raggiunge la considerevole profondità di 45 metri.
Le grotte e l’Orecchio di Dionisio
Piero: proprio all’interno della latomia del Paradiso si trovano tre grandi cavità che rappresentano altrettanti importanti attrazioni del Parco Archeologico della Neapolis: si tratta dell’Orecchio di Dionisio, della Grotta dei Cordari e della Grotta del Salnitro.
Angela: la Grotta del Salnitro deve il suo nome alla colorazione delle sue pareti, simile alle sfumature proprio del minerale. Non è una grotta naturale poiché poiché si è formata dopo un crollo avvenuto nelle latomie, le cui rocce sono andate a depositarsi dando vita alla sua formazione.
Piero: molto particolare è la Grotta dei Cordari, anch’essa artificiale. Deve il suo nome agli artigiani che, dal medioevo fino al secolo scorso, qui vi producevano proprio le corde fatte di fibre naturali, sfruttando la naturale umidità di questo luogo.
Angela: arriviamo adesso alla più famosa di queste cavità, l’Orecchio di Dionisio. Si tratta di una grotta davvero imponente: la sua altezza infatti è di 20 metri all'ingresso e aumenta all'interno fino ai 35; la sua larghezza varia tra i 5 e gli 11 metri e si estende in profondità per 65 metri.
Piero: anche in questo caso, si tratta di una grotta artificiale con una forma singolare e un’acustica molto particolare. Proprio collegando queste due caratteristiche, Caravaggio gli ha dato questo nome: la forma infatti ricorda quella di un padiglione auricolare, mentre, grazie all’acustica, il tiranno più famoso di Siracusa poteva ascoltare i discorsi dei suoi prigionieri, amplificati dall’eco. La leggenda vuole infatti che Dionisio facesse rinchiudere qui i propri prigionieri, nella consapevolezza di questa particolarità acustica della grotta, mentre da un piccolo foro poteva ascoltare i discorsi senza essere visto. Chiaramente, se qualcuno diceva qualcosa di sconveniente o complottava, il tiranno lo veniva a scoprire e non gli faceva certo fare una bella fine…
Angela: vale la pena provare l’eco di questa grotta una volta entrati: non è infrequente sentire urla e fischi che consentono di apprezzarne l’acustica.
Il Teatro Greco
Piero: usciti dall’Orecchio di Dionisio, raggiungiamo il vero cuore del Parco Archeologico della Neapolis: il Teatro Greco.
Angela: una vera meraviglia che sembra voler unire mare e cielo!
Piero: si tratta di uno dei teatri più imponenti e noti dell’antichità greca. E’ stato costruito scavandolo nella roccia (è questo forse il motivo per il quale si è conservato così bene) e risale probabilmente al V secolo a.C. Il suo aspetto attuale, come detto, si deve però al tiranno Ierone II che lo ha abbellito e completato nel corso del III sec. a.C..
Angela: la cavea ha un diametro di circa 140 metri, facendone quindi uno dei più grandi del mondo greco e, in origine, aveva 67 ordini di gradini, che potevano contenere ben oltre i diecimila spettatori. La scena doveva essere davvero grandiosa, resa più spettacolare dal panorama e dal gioco di luce naturale del sole.
Piero: per ammirarne la bellezza e l’imponenza, abbiamo diverse possibilità. Per vederlo immediatamente per intero conviene andare alla parte più bassa del teatro. Le gradinate sono ben conservate, mentre le parti riservate allo spettacolo vero e proprio lo sono meno. Da questa posizione si coglie immediatamente la maestosità di quest’opera.
Angela: l’altra opzione per ammirare il Teatro greco di Siracusa è quella di osservarlo dall’alto. Ci si arriva attraverso un sentiero in terra battuta. Consiglio vivamente di fare una sosta intorno alla metà del percorso, dove un passaggio da accesso ai vari settori della gradinata: si possono ammirare da vicino i gradini di pietra con i nomi in greco dei settori.
Piero: sempre attraverso lo stesso sentiero, si arriva alla parte più alta del teatro. Da qui ancora una volta possiamo ammirare tutto il teatro nella sua imponenza, insieme alla baia di Siracusa con il porto grande; guardando ad est, si vede chiaramente l’imponente cupola della Basilica della Madonna delle Lacrime.
Angela: ogni anno, nei mesi di maggio e giugno si tengono nel Teatro Greco di Siracusa le rappresentazioni classiche: vengono quindi messe in scena le antiche tragedie e commedie degli autori greci. Si tratta di un appuntamento importantissimo per Siracusa, che si ripete ormai da più di un secolo.
Piero: ho avuto il piacere di assistere ad una di queste rappresentazioni e posso assicuravi che è veramente suggestivo!
Angela: sempre da questa posizione, voltando le spalle al teatro, si trova una fontana: si tratta della Grotta del Ninfeo. Molto probabilmente questa era la sede della corporazione degli artisti, dove gli attori si riunivano prima di scendere nel teatro.
Piero: in questa zona, ai lati, si trovano numerose grotte e nicchie scavate nella roccia. Sono di epoca cristiana ed erano delle tombe familiari. Insieme a queste, si trovano numerosi rettangoli scavati nella roccia che servivano a contenere dei quadretti votivi, per il culto degli eroi, come era usanza nel mondo greco.
L’Ara di Ierone
Angela: a questo punto ripercorriamo il sentiero e ci dirigiamo verso la parte bassa del parco ed in direzione dell’uscita. Qui ci aspetta un’altra opera monumentale: l’Ara di Ierone.
Piero: ciò che rimane oggi è quasi esclusivamente il basamento, poiché la struttura superiore è stata asportata quasi completamente nel XVI secolo per essere riutilizzata nella costruzione delle fortificazioni spagnole della città.
Angela: l’altare voluto dal tiranno Ierone II, nella sua opera di completamento della Neapolis, era dedicato a Zeus Eleutherios, ossia liberatore; in suo onore si celebrava la festa delle Eleutheria, con il sacrificio di 450 tori per volta; probabilmente questo altare è il più grande del mondo greco, considerando che il basamento è lungo circa 200 metri e largo 22. L’ingresso era fiancheggiato da due telamoni, di cui restano soltanto i piedi di quello di destra.
L’Anfiteatro Romano
Piero: accanto all’Ara di Ierone, si trova l’ultimo monumento del nostro percorso all’interno del Parco Archeologico della Neapolis: l’Anfiteatro Romano.
Angela: imponente anch’esso e di forma ellittica, con i suoi 190 metri di lunghezza e si suoi 90 metri di larghezza, è scavato nella roccia per tre lati, con l’eccezione del lato sud. Come per l’Ara di Ierone, anche qui molti dei grossi blocchi di pietra che lo costituivano sono stati asportati del XVI secolo dagli spagnoli per costruire i bastioni di difesa dell’isola di Ortigia.
Piero: questo anfiteatro è sicuramente tra i più grandi esistenti ed il più grande della Sicilia. Al centro della struttura si vedono i resti di un ampio sotterraneo utilizzato per macchinari. La datazione è incerta e risale probabilmente all’età augustea, con modifiche in età successive.
Arrivederci Siracusa…
Angela: il Parco Archeologico della Neapolis è davvero fantastico ed è davvero un simbolo dell’antico splendore di Siracusa. Riguardiamolo tutto in questo video:
Piero: è un peccato vedere come però si siano delle evidenti carenze organizzativo-gestionali che hanno un impatto negativo sui visitatori. La manutenzione non è spesso all’altezza del valore storico e architettonico di queste strutture ed è un peccato che in alcuni periodi non si possa accedere ad alcune zone del parco.
Angela: nonostante tutto, il parco e la città tutta sono una meta fantastica per chi ha voglia di scoprirne il fascino di una storia millenaria. Con questa visita si chiude il nostro periodo a Siracusa.
Alberto: vi chiedo però di prendere l’impegno di tornarci! Siracusa offre anche altro insieme ad Ortigia e la Neapolis. E soprattutto non avete ancora visto il mare e le spiagge.
Angela: ci torneremo sicuramente!
La meraviglia di Ortigia
Alberto: bentornati ragazzi! Che strano avervi qui in Sicilia in questo periodo dell’anno...
Angela: grazie! Abbiamo deciso di trascorrere in questa meravigliosa terra qualche giorno tra Natale e Capodanno. Che ne pensi?
Alberto: direi che è una scelta azzeccatissima! Se il tempo sarà clemente ne avremo di cose da vedere e ci sarà da divertirci.
Piero: il clima è spesso mite anche in questo periodo dell’anno in Sicilia: sicuramente non faremo il bagno e non passeremo le nostre giornate in spiaggia, ma andremo a visitare dei luoghi davvero incantevoli, passeggiando con temperature che potrebbero anche avvicinarsi ai venti gradi.
Angela: chi lo dice che in Sicilia si può andare solo in estate? Credo che andarci anche in inverno sia davvero un’idea splendida per goderci questa meravigliosa regione senza i turisti che la affollano in estate.
Alberto: vi vedo carichi! Non rimane che prendere il vostro van, appena usciti dall’aeroporto, e cominciare la nostra avventura!
Piero: ci piacerebbe trascorrere alcune giornate alla scoperta della zona sud orientale della Sicilia, tra le province di Ragusa e Siracusa.
Angela: andiamo allora! Metto in moto…
Eccoci a Siracusa!
Alberto: poco più di tre quarti d’ora da Catania e raggiungiamo, in autostrada, Siracusa che sarà la base per la nostra escursione di tre giorni.
Angela: arriviamo subito dopo pranzo: giusto il tempo di recuperare le chiavi dei nostri appartamenti e di sistemare i nostri bagagli e siamo pronti per il primo giro.
Piero: parcheggiamo il nostro van che per oggi non ci servirà più: la nostra meta è Ortigia, il quartiere più affascinante di Siracusa. Si estendo per poco più di un chilometro quadrato e si gira facilmente a piedi.
Alberto: non si spreca neppure un minuto con voi…
Piero: al solito! In questo caso abbiamo una motivazione in più però: se è vero che la Sicilia è bella anche d’inverno, è altrettanto vero che a queste latitudini la giornata finisce presto con la luce del giorno che va via intorno alle 17.
Alberto: si parte allora!
Ortigia nella storia
Angela: si tratta di un’isola posta all’estremità sud-est della città di Siracusa, oggi collegata alla terraferma da due ponti.
Piero: Ortigia è stata da sempre il vero cuore della città. Ci sono testimonianze del fatto che fosse abitata fin dall'età del bronzo: gli scavi archeologici indicano come già nel passato più remoto l'area, soprattutto per l’abbondante presenza di acqua, fosse considerata molto importante per prosperare e costruire nei suoi dintorni l'abitato. La sua grandezza si deve sicuramente al periodo greco: Ortigia in tale epoca fu, soprattutto inizialmente, il centro politico e religioso della città; lo dimostra il fatto che nell'isola venne edificata la via sacra che ospitava importanti templi quali l'Artemision e l'Athenaion (l’attuale Duomo di Siracusa). Proprio a questo periodo e alla ricchezza d’acqua probabilmente si deve il nome della città: Siracusa infatti potrebbe derivare da Sirókos, che in greco antico significa appunto “abbondanza d’acqua”.
Angela: sull’isola venne poi edificato il palazzo del tiranno, colui il quale deteneva il potere politico a Siracusa; dalle testimonianze che ci sono pervenute, si pensa fosse un palazzo imponente, soprattutto a partire dalla tirannia di Dionisio I: pensate che ha addirittura fatto evacuare tutta la popolazione di Ortigia per sostituirla con la sua corte, i suoi amici e i suoi mercenari; sempre il più famoso dei tiranni di Siracusa, fece costruire a Ortigia mura autonome. Platone parla della ricchezza e della bellezza di questo palazzo, dotato di ampi giardini e suddiviso in parti che diventavano sempre meno accessibili, difese da alte mura; addirittura la parte più intima della dimora di Dionisio, era costituita da una piccola isola, separata dal resto del palazzo da un canale con ponte levatoio, alzato o abbassato dal tiranno stesso, il quale poteva così ritrovarsi completamente al sicuro. Il palazzo è stato poi completamente distrutto ed oggi non ne rimane più traccia.
Piero: Ortigia ancora ospita il porto (Porto Grande e Porto Piccolo), che da sempre ha avuto una grandissima importanza per lo sviluppo dell’isola ed è stato al centro delle grandi battaglie siracusane.
Angela: Ortigia è stato l'ultimo quartiere di Siracusa a cadere in mano di Roma, durante la guerra con i Cartaginesi. Durante l'assedio il suo porto fu di fondamentale importanza per le sorti delle battaglie, perché era da lì che Cartagine, alleatasi con Siracusa, le mandava i rifornimenti. Con l'aiuto delle navi cartaginesi e con le geniali macchine da guerra di Archimede, i siracusani resistettero ad oltranza all'esercito romano che non poté fare altro che stare al di fuori delle mura aretusee. Dopo la festa di Artemide, approfittando della distrazione delle difese siracusane, assopite dopo i festeggiamenti, e con il tradimento di un cittadino che aprì loro i cancelli, i romani riuscirono ad entrare nella città e a conquistarla quartiere dopo quartiere.
Piero: una curiosità: Archimede venne ucciso per errore da un soldato romano e il generale dei romani, Marco Claudio Marcello, rimase sconvolto dall'uccisione del celebre matematico e si dice che pianse per la sorte della città che i suoi uomini avevano appena conquistato. Passato il tempo della conquista, il generale nei primi anni del II secolo a.C. diede l'ordine che nessuno andasse ad abitare ad Ortigia, probabilmente perché, data la sua posizione strategica, temeva si potesse organizzare una qualche rivolta al suo interno che potesse mettere in pericolo l'ordine nella città da poco tempo sotto il governo romano.
Angela: Siracusa mantenne la sua importanza in epoca romana diventando sede dei governatori romani di Sicilia, probabilmente ospitati da qualche rifacimento del palazzo dei tiranni.
Piero: Ortigia con Siracusa seguirà tutte le vicende della storia siciliana successiva alla caduta dell’impero romano. Di particolare importanza è stato il periodo di dominazione spagnola. Furono infatti gli architetti voluti dai governatori di Castiglia e Aragona a dare ad Ortigia una svolta verso lo stile barocco, realizzando qui una mescolanza unica tra arte siciliana ed arte spagnola, tanto da farne, insieme alla vicina Noto, il centro del barocco siciliano.
Angela: dimentichi un’ultima importante informazione, che lega Ortigia ad un altro luogo a te molto caro.
Piero: esatto! Ortigia ha un legame fortissimo con l'isola greca di Delos: entrambe le isole nell'antichità si chiamavano Ortigia. Delos ha poi mutato il suo nome in quello attuale per le vicende legate al mito della nascita del dio del sole, Apollo, e della dea della caccia, Artemide. Molti poeti hanno narrato di questo legame tra le due Ortigia, sottolineando i punti che avevano in comune e considerando la nostra Ortigia come la degna sorella dell’isola delle Cicladi.
Angela: come per l’isola greca, il nome dovrebbe derivare dalla presenza abbondante di quaglie che erano dette Ortighes dai greci. Non si sa però quale due isole avesse preso per prima questo nome: un piccolo mistero che rende ancora più affascinante questo luogo.
A spasso per l’isola
Alberto: le cose che ci avete raccontato, bastano da sole per farci appassionare a questo luogo incantevole: Ortigia è un luogo unico, dove tutti insieme si mescolano tutte le diverse anime e culture del Mediterraneo intero. Vi aspetta un susseguirsi di palazzi, cortili e chiese e poi ancora templi, castelli e fontane, che formano uno splendido mosaico che rappresenta in tutto e per tutto la Sicilia nei suoi aspetti più intimi. La pietra bianca che risplende con il sole è sicuramente uno spettacolo sensazionale, ma attraversarla nell'ambientazione delle festività natalizie ne aumenta forse il fascino.
Angela: arriviamo ad Ortigia percorrendo il ponte Umbertino, che collega l’isola alla terraferma.
Piero: dopo averlo attraversato, si raggiunge immediatamente la zona che ospitava l’antico Tempio di Apollo, di cui oggi rimangono solo poche ma imponenti colonne: è questo il primo grande simbolo del periodo greco ed un’altra testimonianza, attraverso il culto del dio sole, del forte legame con Delos. L’inizio della costruzione risale addirittura al VI secolo a.C. e nel corso del tempo ha subito numerose modifiche, trasformandosi. in alcune epoche storiche, anche in chiesa o moschea. Oggi rimane ben poco, ma basta a testimoniare la sua antica magnificenza.
Angela: la nostra passeggiata continua verso Piazza Archimede (il grande matematico siracusano), con i suoi bellissimi palazzo a far da contorno, ma soprattutto con la Fontana di Artemide al centro.
Piero: la fontana raffigura la dea della caccia e rimanda al mito di Alfeo e di Aretusa: il dio fluviale Alfeo si sarebbe innamorato di Aretusa, la preferita tra le ninfe di Artemide, dea protettrice Artemide, dea protettrice di Siracusa; non ricambiando questo amore, la ninfa invoca l'intervento della dea Artemide che la avvolge in una nube per nasconderla e la trasforma in una fonte. Non vado oltre perché incontreremo presto proprio questa fonte.
Angela: ci avviciniamo adesso al cuore dell’isola ed alla parte forse più bella della nostra passeggiata: Piazza Duomo. E’ uno dei simboli di Siracusa, perché è testimonianza a un tempo dell’antico splendore e della sua rinascita più recente e della sua nuova veste barocca. La piazza ha una forma di arco ed è davvero stupenda, grazie anche ai suoi giochi di luci e ombre che regalano immagini davvero speciali. Ci arriviamo da via Roma e quasi senza rendercene conto ci sorprende la maestosità della Cattedrale di Siracusa.
Piero: quella che oggi è la Cattedrale in origine era un tempio dedicato alla dea Atena che risale al V secolo a.C.. La trasformazione in basilica cristiana, gli ha donato l’aspetto che ha oggi, con la sua splendida facciata barocca, senza però fargli perdere del tutto le tracce del suo passato; infatti, una delle cose che rendono straordinario il duomo è la presenza delle colonne originali del tempio, che hanno resistito a 2500 anni di civiltà, alle invasioni e persino al terremoto del 1693; ancora sorprende la presenza nella stessa costruzione di tracce bizantine, arabe, normanne e spagnole: tutte queste civiltà ne hanno fatto sempre un luogo di culto fino a diventare la prima chiesa cristiana d’Europa.
Alberto: peccato non essere riusciti a visitare la Chiesa di Santa Lucia, patrona di Siracusa, che custodisce un capolavoro di Caravaggio, che raffigura proprio la sepoltura della santa. Da non perdere è anche l’Artemision, il tempio greco dedicato alla dea Artemide che si trova nei sotterranei del Palazzo Vermexio, attuale sede del Municipio.
Angela: lasciamo la piazza adesso e ci avviciniamo al mare, dove ci aspetta un altro simbolo di Ortigia e di tutta Siracusa: la fonte Aretusa.
Piero: si tratta di un bacino di acqua dolce in cui crescono rigogliose piante di papiro. Per spiegare la presenza di acqua dolce a pochi passi dal mare, i greci facevano ricorso proprio a quel mito della ninfa Aretusa di cui vi ho raccontato. All'interno della fonte il papiro cresce spontaneamente e fa della fonte uno dei pochissimi papireti in Europa.
Angela: dalla fonte, con il suo meraviglioso giardino è possibile ammirare lo spettacolo del sole che tramonta. Con il calare del sole il volto di Ortigia comincia a tingersi di rosa, poi di arancione fino ad arrivare al rosso cupo, rendendo tutto l’ambiente ancora più affascinante.
Alberto: in questa splendida ambientazione, percorriamo in una piacevole passeggiata, il lungomare che porta dalla fonte porta al Castello Maniace.
Piero: il castello è un’importante testimonianza dell'epoca medievale di Ortigia e deve il suo nome al generale bizantino Giorgio Maniace. Sfortunatamente, durante la nostra visita, l’interno del Castello era chiuso (è aperto solo al mattino); ci siamo quindi limitati a percorrere il camminamento che lo costeggia che ci ha regalato altri splendidi panorami sul mare e sull’isola di Ortigia.
Si ritorna a casa…
Angela: che dire… abbiamo visitato ancora un’altra perla siciliana! Ortigia è un esempio meraviglioso di cosa piace a noi: scoperta, storia cultura e immagini meravigliose!
Alberto: vale la pena, prima di rientrare, fare una passeggiata tra i vicoli dell’isola: è ancora un altro modo per scoprirne il fascino; pensate che ogni volta che ci torno ne scopro di nuovi!
Piero: e magari ci fermiamo a cena in uno dei tanti ristorantini per gustare qualche prelibatezza locale.
Alberto: ottima idea! Rifocilliamoci e riposiamoci perché la visita di Siracusa continua…
Angela: nel frattempo però godetevi la meraviglia di quello che abbiamo visto in questo video!
Taormina
Alberto: è il momento di rimettere in moto il van ragazzi! Dobbiamo riprendere il nostro viaggio alla scoperta della Sicilia.
Angela: prontissimi! Qual è la nostra meta?
Alberto: passiamo da un emblema della Sicilia ad un altro: dalla montagna simbolo, l’Etna, alla località di mare siciliana forse più rinomata al mondo.
Piero: immagino tu ti stia riferendo a Taormina.
Angela: proprio così. Non è sicuramente la meta più originale, ma non si può andare in Sicilia senza aver fatto una passeggiata a Taormina.
Alberto: vedrete che non vi deluderà; Taormina non è solo mondanità: ci troverete tutti gli elementi che cercate nei vostri viaggi!
Angela: andiamo allora! Metto in moto…
Taormina arriviamo!
Alberto: anche questa volta ci dirigiamo verso Catania: ci vorrà poco più di un’ora per arrivare a Taormina; tutto il percorso lo facciamo in autostrada praticamente: A20 in direzione Messina e poi A18 in direzione Catania e usciamo proprio a Taormina.
Angela: come organizziamo la nostra giornata?
Alberto: prima di raggiungere Taormina avevo pensato ad una tappa in spiaggia. Non una spiaggia qualunque però, una delle più belle in assoluto: quella davanti a Isola Bella!
Angela: fantastico! Non vedo l’ora di arrivare…
Alberto: dovrai pazientare un po': arrivare non è difficile, ma parcheggiare è un po' un’impresa. Il parcheggio selvaggio è sconsigliabile (la multa è praticamente certa!) per cui, meglio affidarsi ad uno dei tanti parcheggi privati (e poco economici) lungo la strada.
Isola bella
Angela: la vista dalla strada è già un incanto: un isolotto meraviglioso e ricco di vegetazione, circondato da un mare cristallino.
Piero: si tratta di un’isola molto particolare: a seconda delle maree una sottile lingua di sabbia può collegarla direttamente con la terra ferma.
Alberto: raggiungiamo Isola Bella percorrendo il breve percorso dalla spiaggia a piedi. Oggi il livello dell’acqua è particolarmente basso e ci permette di camminare sulla sabbia asciutta. Nelle giornate di alta marea, tuttavia, l’acqua difficilmente arriva oltre le ginocchia.
Piero: il nome dell’isola si deve al barone tedesco Wilhelm von Gloeden, che ha fatto scoprire nel mondo, con le sue fotografie, questa “perla”, come la definiva, e Taormina tutta.
Angela: per accedere all’isola si paga un biglietto dal costo modesto: ne vale assolutamente la pena!
Piero: i primi riferimenti storici sull'isolotto risalgono al 1806, quando Ferdinando I di Borbone, Re delle Due Sicilie, lo donò al Comune di Taormina. L'isola fu poi successivamente acquistata intorno al 1890 da una ricca nobildonna inglese, Florence Trevelyan esiliata in Sicilia dalla regina d'Inghilterra Vittoria, perchè amante del cugino e futuro re Edoardo VII. Proprio a Florence Treveylan si deve la bellezza attuale dell'isola: fu lei infatti che fece arrivare diverse specie di piante esotiche e tropicali che, mischiandosi con la vegetazione mediterranea autoctona, formano un ambiente ed uno scenario unici al mondo. Dagli eredi di Mrs. Treveylan l’isola viene ceduta nel 1938 alla famiglia Bosurgi, noti industriali messinesi. Questi, aggirando il divieto di costruzione posto dal comune, riescono a realizzare un'abitazione incastonata tra le pietre e ricoperta da una fitta vegetazione. Con il fallimento delle imprese di famiglia, l’isola viene posta all’asta e, dopo diverse peripezie giuridiche, nel 1992 viene acquistata dalla Regione Siciliana ed entra a far parte del pubblico demanio.
Angela: durante la nostra visita possiamo ammirare proprio tutto lo splendore quale risultato della sua storia: da una parte la ricchezza della flora con lo splendido mare cristallino che fa da sfondo; dall’altra parte, questo dedalo di costruzioni ricavate nella roccia, con una serie di stanze e terrazze sovrapposte, collegate da scalinate interne ed esterne, volte e passaggi nascosti, rivestiti con pietre. Il tutto in una perfetta armonia tra natura e costruzione.
Alberto: finita la nostra escursione sull’isola, ci rinfreschiamo con un fantastico bagno in questo mare meraviglioso.
Piero: mentre prendiamo un po' di sole in spiaggia, veniamo attratti dai numerosi cartelli che propongono brevi crociere lungo la costa ed intorno all’isola. I costi sono relativamente bassi e la promessa di vedere da un altro punto di vista l’incanto di questo mare ci attraggono facilmente.
Angela: una piccola barca che ci porteranno alla scoperta delle grotte circostanti, come la Grotta Azzurra e la Grotta della Conchiglia e di tutta la Baia di Naxos. Girare intorno all’isola è uno spettacolo meraviglioso, unitamente ad un bel bagno nei pressi dei faraglioni. Anche in questo caso, ne vale proprio la pena!
E adesso Taormina…
Alberto: è arrivato il momento di lasciare la spiaggia ed il mare e dirigerci verso Taormina per trascorrere qui il nostro pomeriggio.
Piero: questo gioiello, forse uno dei centri turistici più noti in Sicilia, si trova su una collina a duecento metri di altezza sul livello del mare, su una sorta di terrazza del monte Tauro, sulle pendici meridionali dei monti Peloritani della riviera ionica. Sospeso tra rocce e mare, ci aspetta uno scenario incantevole, fatto di bellezze naturali, unico per varietà e contrasti, ed una ricchezza storica e culturale di primissimo valore.
Alberto: Taormina è unica nel suo genere: un bellissimo borgo medievale che lascia tutti senza fiato, al solo passeggiare lungo le sue vie e i suoi vicoli, ammirando un panorama splendido con il mare cristallino e l’Etna sullo sfondo.
Piero: proprio per questa meraviglia che si prova, Goethe la ha definita un “lembo di paradiso sulla terra”, mentre Guy de Maupassant parla di Taormina come di un luogo dove “si trova tutto ciò che sembra creato in terra per sedurre gli occhi, la mente e la fantasia”.
Angela: primo utile suggerimento: Taormina è praticamente un’isola pedonale, parcheggiare in città è quindi impossibile. Per i visitatori sono disponibili due parcheggi pubblici a pagamento. Il primo, più vicino all’autostrada, è il Lumbi che, attraverso una gradinata, porta direttamente in città, dalla parte di Porta Messina. Il secondo parcheggio è invece quello di chiamato Porta Catania: dal parcheggio Lumbi occorre superare la galleria sotto il Monte Tauro e si arriva in città dalla parte opposta, proprio a Porta Catania; questo secondo parcheggio è molto più grande ed è anche dotato di ampi ascensori che portano direttamente in città.
Taormina nella storia
Piero: bellezza e cultura dicevamo. Tante sono le tracce e le testimonianze di un passato precedente al momento in cui Taormina diventa un importante centro della Magna Grecia. Proprio a Naxos, sul mare, i greci fondano il loro primo insediamento; cacciati da Dionisio, si rifugiano proprio su questa rocca a forma di toro: da questa e dal toponimo che gli è stato attribuito, appunto Tauromenion, probabilmente deriva il nome di Taormina. Rimane in orbita ellenistica fino alla conquista romana. Dopo il dominio arabo, Taormina segue le sorti del Regno delle Due Sicilie.
Angela: la più importante testimonianza del suo passato è sicuramente il suo antico teatro, il secondo più grande in Sicilia, dopo quello di Siracusa. Proprio da qui inizia la nostra escursione.
Piero: l'impianto originario risale, come a Siracusa, al III secolo a.C., quando i greci scelgono questo scenografico promontorio per ambientarvi le loro rappresentazioni drammatiche e musicali. Il teatro viene modificato e ampliato dai romani nel II secolo d. C, con la trasformazione della scena e dell’orchestra in un’arena dove avevano luogo i combattimenti tra i gladiatori.
Angela: la passeggiata all’interno del teatro è un’esperienza unica, a tal punto da sentirsi sospesi tra cielo e terra, assaporando appieno il valore storico di questa meraviglia dell’architettura antica: dall’alto della gradinata, scavata nella roccia che seguendo la naturale concavità della collina, si gode un magnifico panorama della costa con l’Etna sullo sfondo. La sua acustica ancora perfetta permette ancora oggi di ospitare nella stagione estiva diversi concerti e manifestazioni culturali.
Passeggiando per Taormina
Alberto: terminata la nostra visita al teatro, torniamo verso Porta Messina; da qui inizia Corso Umberto I, la via principale di Taormina.
Piero: il corso collega da nord a sud la città, da Porta Messina fino a Porta Catania: si tratta di un asse che risale all’epoca greco-romana ed attraversa tutto il centro storico.
Angela: passeggiando lungo questa elegante via, sempre affollatissima di turisti, è facile perdersi nei tanti negozi che si susseguono; si va dai grandi marchi del lusso alla splendida gastronomia esposta in vetrina, dai souvenir alle ceramiche, dall’artigianato ai gioielli.
Piero: lo costruzioni lungo la via sono un esempio dei diversi stili architettonici che si sono susseguiti nel tempo: è davvero piacevole ammirare le splendide facciate ed i balconi ornati di ceramiche e piante di ogni tipo. A queste si aggiungono chiese medievali, resti antichi e panorami mozzafiato.
Angela: ai lati della via principale ci sono numerosi vicoli, molti dei quali davvero pittoreschi. Tre poi sono le piazze che si incontrano percorrendo il corso: Piazza IX Aprile, Piazza Duomo e Piazza Vittorio Emanuele.
Piero: Piazza Duomo ospita la cattedrale cittadina, dedicata a San Nicola, con il suo aspetto tanto austero da farla sembrare una fortezza. Di fronte si trova la fontana barocca con al centro il simbolo di Taormina: la centaura incoronata che nella mano sinistra regge il mondo e in quella destra lo scettro del comando.
Angela: Piazza IX Aprile invece è il simbolo della mondanità di Taormina; si tratta di una vera e propria terrazza sul mare con un panorama unico sulla costa, su Giardini Naxos e sull’Etna. E’ sicuramente la piazza più famosa, dove si affacciano numerosi caffè all’aperto, la chiesa barocca di San Giuseppe, la chiesa gotica di Sant’Agostino e la torre dell’Orologio, o Porta di Mezzo, il cui arco dà accesso alla città vecchia. Non mancano poi i numerosi ritrattisti che realizzano vere e proprie opere d’arte sul posto.
Piero: una curiosità: la piazza originariamente era intitolata a Sant’Agostino; la data cui adesso è intitolata fa riferimento all’epopea garibaldina: infatti il 9 aprile 1860 si diffonde a Taormina la voce dello sbarco di Garibaldi e dei Mille a Marsala per liberare la Sicilia dai Borbone. La notizia era evidentemente falsa, visto che lo sbarco è avvenuto un mese dopo: Taormina ha comunque intitolato al ricordo di quella data la sua piazza più bella.
Si torna a casa…
Alberto: la nostra lunga giornata a Taormina finisce qua. Prima di fare rientro a casa però perché non gustarci una bella cena tipica?
Piero: Taormina è ricca di ristoranti dove mangiare davvero bene. Il rischio di spendere tanto è molto forte; altrettanto forte è il rischio di trovare ristoranti eccessivamente turistici che di tipico e tradizionale hanno veramente poco.
Angela: decidiamo quindi di allontanarci un po' dal cuore della cittadina e troviamo un posto incantevole in cui gustare la nostra cena.
Alberto: si tratta della Trattoria Chicchirichì che si trova lungo la strada che porta a Castelmola, sopra Taormina. Non è facilissima da trovare, ma vale sicuramente la pena arrivarci.
Piero: la location è molto curata ed il menù è davvero interessante, ripercorrendo tutta la cultura culinaria della zona. Marito e moglie la gestiscono sapientemente, accompagnando gli ospiti con la loro grande simpatia. Il rapporto tra la qualità ed il prezzo è eccezionale.
Angela: da non perdere assolutamente la degustazione del vino alla mandorla!
Piero: a questo punto è davvero il momento di fare rientro a casa. Sicuramente stanchi, ma felici e sazi.
Angela: Taormina vale sicuramente la sua fama di vera perla del turismo in Sicilia! Non si può certamente dire di conoscere la Sicilia senza averla visitata almeno una volta…
Piero: proviamo a rivedere tutta la sua bellezza in questo breve video.
Sua maestà l’Etna
Alberto: eccomi di nuovo qui con voi ragazzi! Siete pronti a riprendere il nostro viaggio alla scoperta della Sicilia?
Angela: sempre pronti! Dove ci vuoi portare questa volta?
Alberto: anche stavolta niente mare. Anzi, ho pensato di portarvi a visitare il vero re delle montagne: sua maestà l’Etna!
Piero: lo dici tu ai ragazzi che non vedranno il mare?
Alberto: non preoccuparti, vedrai che ne saranno felici! Anche per loro sarà un’avventura meravigliosa, alla scoperta di un luogo e di un ambiente unico e meraviglioso.
Angela: mettiamo in moto il van allora e andiamo alla scoperta dell’Etna!
Tutti a bordo!
Alberto: ci allontaniamo un po' anche questa volta, in direzione Catania: ci vorranno circa due ore di strada per raggiungere la nostra meta; buona parte la percorreremo in autostrada: prima la A20 in direzione Messina e poi la A18 in direzione Catania; usciamo a Giarre e da qui proseguiamo sulle provinciali; una quarantina di chilometri che ci porteranno verso Zafferana Etnea per raggiungere Rifugio Sapienza, nel comune di Nicolosi.
Piero: la nostra salita percorre il versante di sud-est del vulcano. Già dall’autostrada si nota l’imponenza di questo vulcano che parte dal mare e gradualmente raggiunge i suoi 3342 metri s.l.m., senza far parte di una catena montuosa.
Angela: nell’organizzare una giornata sull’Etna, bisogna essere pronti ad ogni evenienza. Soprattutto per i ragazzi è consigliabile avere felpe e un kway: raggiungeremo i 2000 metri e anche nei mesi estivi non è difficile incontrare temperature relativamente basse; il vento poi è sempre un protagonista da queste parti. Non possono mancare certamente scarpe comode, preferibilmente da trekking: le passeggiate non sono complicatissime ma pietra e polvere laviche possono essere fastidiose.
Piero: partiamo presto al mattino per raggiungere la nostra meta. Ci organizziamo per tempo per un bellissimo pic-nic in una delle aree attrezzate: noi scegliamo il Rifugio Monte Vetore, pochi chilometri oltre il Rifugio Sapienza.
Alberto: è un’area molto ben attrezzata per trascorrere qualche ora in assoluto relax con tutto quanto necessario per un pic-nic a disposizione. Ci sono spazi molto ampi anche per i vostri ragazzi dove potranno cominciare a prendere confidenza con l’ambiente etneo e con la pietra lavica.
Angela: davvero bello! La prossima volta possiamo pensare di organizzarci anche per una grigliata!
Alberto: rilassati, sazi e felici per il nostro pic-nic, siamo pronti adesso per la parte più bella ed importante della nostra giornata.
Angela: ci siamo fermati per una breve sosta e per un caffè al mattino: è il momento di tornare adesso verso Rifugio Sapienza. Siamo esattamente a 1910 metri s.l.m.
Piero: questo rifugio rappresenta il punto più alto raggiungibile con le auto e con i mezzi pubblici. Il suo progetto risale al periodo fascista ed è stato completato nell’immediato dopoguerra: doveva essere un punto di partenza per gli alpinisti nella scalata verso il cratere centrale del vulcano. Dall’originaria casa cantoniera, il rifugio, gestito dal CAI (è intitolato proprio a un membro scomparso in guerra, Giovannino sapienza), oggi mette a disposizione degli appassionati qualche decina di camere ed un ristorante.
Alberto: nel corso degli anni, ha più volte rischiato di essere travolto dalle eruzioni dell'Etna le cui colate laviche lo hanno spesso lambito senza però mai distruggerlo, come accaduto invece per gli impianti di risalita, poi sempre ricostruiti. In particolare, l’eruzione del 2001 è arrivata proprio a pochissimi metri dalla struttura e le tracce sono ancora ben visibili.
Angela: tutti i parcheggi intorno all’area sono a pagamento ed hanno un costo accessibile; non mancano altri bar e punti di ristoro e l’immancabile area shopping. Proprio accanto al rifugio si trovano, da una parte e dall’altra, la baita delle guide e il punto di partenza della funivia dell’Etna.
Alberto: la funivia è il punto di partenza per le escursioni più belle alla scoperta del vulcano e per avvicinarsi ai crateri sommitali. La spesa è sicuramente importante, specie per una famiglia: si va dai 30 euro a persona per l’andata ed il ritorno fino ai 2500 metri, punto di arrivo della funivia, fino ai 90 euro a persona per l’escursione completa con funivia, fuoristrada e guida che consentono di avvicinarsi alla sommità del vulcano, verso i 2900 metri, verso Torre del Filosofo, a poche centinaia di metri dal cratere di sud-est.
Alla scoperta di sua Maestà…
Angela: so che stai fremendo Piero, non ci hai ancora detto niente del vulcano.
Piero: non vedevo l’ora! Che è il vulcano attivo più alto d’Europa e dell’intera placca Eurasiatica, è risaputo. E’ noto anche con il nome di Mongibello. I siciliani si rivolgono al vulcano spesso al femminile, a significare un rapporto simile a quello che si ha con la mamma: non è infrequente infatti sentire chiamare il vulcano più semplicemente “a muntagna”, la montagna per antonomasia. L’etimologia dei nomi è una ulteriore testimonianza delle diverse dominazioni che si sono susseguite nella storia dell’isola. Il termine Etna probabilmente deriva forse dal greco classico (da aitho, cioè bruciare); il termine Mongibello potrebbe derivare dall’unione delle traduzioni latina e araba proprio della parola montagna: mons e jebel; forse ancora, Mongibello potrebbe derivare da Mulciber, colui che addolcisce e governa il fuoco, uno dei modi in cui i latini chiamavano il dio Vulcano.
Angela: straordinario già nel nome. Per la sua bellezza e la sua particolarità, dal 2013 l’UNESCO ha inserito l'Etna nell'elenco dei beni Patrimonio dell'Umanità. Meravigliosa è l’alternanza dei colori della pietra lavica, dei boschi e delle specie botaniche autoctone che si unisce al fascino del fuoco e della neve che in inverno spesso ricopre la sommità del vulcano. Arrampicandosi sull’Etna si passa dagli agrumeti e vigneti delle fertili campagne ai fitti boschi, fino al paesaggio brullo e lunare nei pressi del cratere, in cui regna il profumo della ginestra.
Alberto: le frequenti eruzioni, nel corso del tempo, hanno modificato, a volte anche profondamente, il paesaggio circostante e in tante occasioni hanno costituito una minaccia per gli insediamenti abitativi nati alle sue pendici. Anche la stessa altezza del vulcano è più volte variata nel tempo: nel corso del solo ultimo secolo è più volte variata, aumentando o diminuendo, tra i 3250 e i 3350 metri; proprio recentemente, il 25 luglio 2021 è stata fatta una nuova misurazione con strumenti di elevata precisione che hanno individuato la vetta più alta del vulcano nel cratere di sud-est, a ben 3357 metri, massima altezza mai raggiunta.
Angela: oggi il vulcano presenta ben 300 tra crateri, coni e fratture eruttive. Solo quattro però ad oggi sono quelli effettivamente attivi e sono appunto i crateri sommitali: la Voragine e la Bocca Nuova, all’interno del cratere centrale, il cratere di nord-est e quello di sud-est.
Piero: chiaramente un luogo così particolare non poteva essere indifferente all’interesse della mitologia greca e romana; il mito, insieme alle credenze popolari, hanno cercato di spiegare il comportamento del vulcano e le frequenti eruzioni mettendo al centro della scena dei e giganti. Partiamo chiaramente da Vulcano, dio del fuoco, che avrebbe avuto la sua fucina proprio sotto l'Etna; e poi c’è Eolo, che si credeva tenesse imprigionati i venti di cui era signore proprio sotto l'Etna. Avevamo poi raccontato di del gigante Encelado che si ribellò agli dei e, sconfitto da Atena, fu sepolto sotto un enorme cumulo di terra da cui ha avuto origine la Sicilia: l'Etna che sputerebbe fuoco a ogni grido del gigante. Si pensava infine che il regno dei morti per i greci, fosse situato sotto l'Etna. Secondo una leggenda inglese più moderna, l'anima della regina Elisabetta I si troverebbe proprio nell'Etna, a causa di un patto che lei avrebbe fatto col diavolo in cambio del suo aiuto per governare il regno.
I crateri silvestri
Alberto: chiaramente non è da tutti poter fare le escursioni verso i crateri sommitali. Abbiamo detto che sono relativamente costose e sicuramente impegnative, specie per chi come voi viaggia con ragazzi al seguito. Non disperate però, l‘Etna ci regala la meraviglia dei suoi crateri anche ad altezze facilmente raggiungibili e in prossimità del Rifugio Sapienza: sto parlando dei crateri silvestri.
Angela: sono sicuramente i più visitati e i primi in cui ci si imbatte arrivando nei pressi del rifugio. Si tratta dei cinque crateri che si sono formati con l’eruzione del 1892. Sono tutti abbastanza facili da raggiungere e da scalare; uno in particolare, il più vicino alla strada, si può agevolmente percorrere tutto intorno alla sua sommità e ci si può anche entrare dentro; è adattissimo anche ai bambini più piccoli, chiaramente accompagnati. Qualcuno presenta un percorso un po' più complicato e faticoso, anche se comunque fattibili da chi come noi, scalatore non è.
Piero: lo spettacolo che si gode dalla sommità dei crateri è da togliere il fiato, grazie ai contrasti di colore: i diversi toni del nero e del rosso della pietra lavica e dei minerali, le macchie di colore verde di qualche pianta che prova a crescere qua e là; e poi l’azzurro intenso del cielo interrotto dalla nuvola di fumo dell’eruzione. Un ambiente in cui il silenzio è rotto solo dal soffiare del vento che spinge in un movimento affascinante le poche piante che osano sfidare l’ambiente ostile della pietra lavica.
Angela: questo breve video testimonia la meraviglia di questi luoghi.
Si torna a casa…
Alberto: a malincuore è arrivato il momento di lasciare questo luogo meraviglioso che senza ombra di dubbio rimarrà nei nostri ricordi.
Piero: è uno dei simboli della Sicilia, sia per la sua maestosità che per i contrasti che sono poi tipici di questa meravigliosa terra.
Alberto: vi suggerisco un percorso alternativo per il nostro rientro a casa: potremmo evitare le autostrade girando intorno al vulcano. Potremmo fare la circumetnea verso destra passando da Linguaglossa o verso sinistra verso Bronte; in entrambi i casi ci fermeremmo a Randazzo per un buonissima granita o un gelato alla rinomata pasticceria Musumeci per poi proseguire verso Floresta e Montalbano Elicona e di qui raggiungere Milazzo.
Piero: immagino sia incantevole, ma ormai è tardi e ci vogliono circa tre re per il solo tragitto.
Angela: sarebbe un vero peccato non godersi le meraviglie dei borghi etnei e delle altre località di cui ci parli. Sarà sicuramente per un’altra volta, ma lo faremo senz’altro!
Piero: anche per i ragazzi l’Etna visto da vicino è una meravigliosa scoperta. La loro emozione è anche la nostra. Abbiamo apprezzato la bellezza del paesaggio insieme alla spettacolo che la natura riesce a regalare.
La Scala dei Turchi
Piero: ciao Alberto, eccoci ancora qui!
Alberto: pronti per riprendere il nostro giro alla scoperta della Sicilia?
Angela: certo! Siamo qui per questo…
Alberto: fino ad ora siamo rimasti poco lontani dalla nostra “base” a Milazzo: tutte le mete le abbiamo raggiunte in giornata con al massimo un’oretta di auto.
Piero: cosa hai in mente questa volta?
Angela: mi devo preoccupare?
Alberto: direi di no, o almeno non troppo. Ti toccherà rifare le valige perché ho intenzione di farvi trascorrere due giorni dalla parte opposta dell’isola: vi porto a scoprire due veri gioielli siciliani!
Piero: ci stai tenendo sulle spine; io metto in moto il van intanto…
Alberto: perfetto! La nostra prima tappa sarà la Scala dei Turchi!
Angela: che spettacolo! Si parte allora…
In viaggio verso la Scala dei Turchi
Piero: devo dire che da Milazzo non è proprio comodo raggiungere la Scala dei Turchi che si trova a Realmonte in provincia di Agrigento, non lontano da Porto Empedocle, quindi esattamente dalla parte opposta rispetto alla nostra. A bordo del nostro van percorreremo trecento chilometri tondi e occorreranno più o meno tre ore.
Alberto: abbiamo due alternative che però non cambiano molto tra di loro per distanza e durata. Possiamo andare in direzione Palermo sulla A20 e uscire a Buonfornello per imboccare la A19 in direzione Catania fino allo svincolo per Caltanissetta; da qui si prosegue sulla statale 640 fino ad Agrigento, proseguendo poi fino a Porto Empedocle; da qui, proseguendo per 5 chilometri sulla statale 115 che costeggia il mare, si raggiunge Punta Grande dove è possibile parcheggiare per raggiungere a piedi le spiagge intorno alla Scala dei Turchi.
Piero: l’alternativa è quella di andare in A20 verso Messina, proseguendo poi in A18 verso Catania; una volta superata la città etnea si imbocca la A19 verso Palermo uscendo sempre a Caltanissetta.
Angela: a prescindere sono sempre tre ore di van... meno male che andiamo a vedere dei posti splendidi!
Eccoci a Realmonte!
Alberto: parcheggiare non sarà semplicissimo e neppure troppo economico; ci sono tanti parcheggi tra cui scegliere e onestamente uno vale l’altro. L’alternativa sarebbe una multa quasi certa con un parcheggio selvaggio…
Piero: una volta lasciato il van abbiamo un po' di strada a piedi da percorrere per avvicinarci alla Scala dei Turchi. Noi abbiamo preso posto in uno dei lidi sulla spiaggia chiamata Majata Beach: ci tornerà utile per rilassarci, mangiare qualcosa e fare un bel bagno.
Alberto: la camminata sulla sabbia fine è anche piacevole e dura una decina di minuti; chiaramente attenzione al caldo nei periodi estivi.
Angela: ovviamente se ci andate come noi con bambini e ragazzi è meglio essere attrezzati con acqua e scarpe da scoglio, non si sa mai…
Piero: arrivati ai piedi della scala lo spettacolo è davvero unico! Sembra di essere davanti ad un vero e proprio iceberg.
Alberto: noi ci siamo stati quando era ancora possibile accedervi direttamente.
Piero: la Scala dei Turchi prende il nome dai pirati Saraceni, impropriamente chiamati Turchi dalle popolazioni locali, che nel ‘500 approdavano su questa particolare formazione rocciosa per saccheggiare i villaggi della costa: la parete fatta a gradoni, diventava una vera e propria scala che rendeva più facile l’approdo dal mare per i pirati, fra l’altro in un punto riparato dai venti e probabilmente anche poco controllato. La scala ha una forma ondulata e irregolare, con linee dolci e rotondeggianti; è fatta di marna, una roccia sedimentaria in parte argillosa e in parte calcarea, con il suo caratteristico colore bianco puro dovuto alla presenza di fossili e microrganismi marini. Oltre alla sua bellezza naturale, il sito è rilevante dal punto di vista geologico.
Angela: non è il caso però di avventurarci in tematiche delle quali non abbiamo padronanza. Ci aiuta in questo Geopop che spiega molto bene come si sia formata la scala in questo meraviglioso video: https://www.facebook.com/geologiapop/posts/976191856542034.
Piero: meraviglioso! E ci sono anche le nostre immagini: ci avete fatto caso?
Angela: la passeggiata lungo i gradoni è davvero affascinante: l’occhio viene attratto dal contrasto fortissimo tra il bianco candido ed il blu del meraviglioso mare sottostante.
Piero: essendo una delle mete turistiche più ambite di tutta la Sicilia, la scala attrae milioni di turisti. L’eccessiva frequentazione di questo luogo rappresenta tuttavia una minaccia che si va ad unire all’incuria ed agli scarsi controlli: per tutti questi motivi, è necessario che venga tutelato, contingentando le presenze o addirittura non consentendone più l’accesso diretto. Sarebbe anche opportuno che il sito rientrasse al più presto tra quelli sotto la tutela dell’UNESCO.
Alberto: la Scala dei Turchi si trova tra due spiagge: la prima la abbiamo raggiunta ed è stata il nostro punto di partenza; per raggiungere la seconda bisognerebbe costeggiare tutta la parete di roccia: le vertigini però ci suggeriscono di non farlo...
Piero: prima di lasciare Realmonte però abbiamo un’ultima breve tappa da fare: il “belvedere” di contrada Scavuzzo. Affrettiamoci allora a recuperare il nostro van…
Angela: si tratta di un punto panoramico meraviglioso, dal quale si può ammirare dall’alto lo spettacolo della Scala dei Turchi. Praticamente un balcone con una vista da togliere il fiato sulla scogliera bianca che si staglia poco lontano su un mare che da qui sembra ancora più azzurro!
Piero: grazie alla sua bellezza forgiata dalle onde e dal vento in milioni di anni la Scala dei Turchi ha fatto da set a molti film celebri con le sue bianche pareti di marna.
Alberto: mi viene in mente Malèna, il film scritto e diretto da Giuseppe Tornatore. Con alcune delle sue scene ambientate presso la Scala dei Turchi. E come non pensare a Camilleri ed al suo Commissario Montalbano: nell’episodio intitolato “La prima indagine di Montalbano” si parla proprio della Scala dei Turchi.
Alberto: la visita alla Scala dei Turchi è una tappa obbligata specie per chi come noi ha intenzione di visitare la Valle dei Templi. Intorno però ci sarebbero parecchie altre cose da vedere: certamente meritano una visita Realmonte e Porto Empedocle, con Capo Rossello e soprattutto la Villa romana del I secolo; e poi ancora la miniera di salgemma con la “Cattedrale di Sale” e la torre di Monterosso, per concludere con la casa natale di Pirandello.
Angela: è stata sicuramente una particolare giornata di mare la nostra, trascorsa intorno a questa particolare e insolita scala. E’ un tratto di costa davvero spettacolare che grazie alle sue particolarità, è diventato un’icona del turismo balneare siciliano. La natura ha avuto un ruolo di grandissimo artista qui: ha lavorato la costa nel tempo con l’aiuto del mare e del vento, smussando pian piano gli angoli e rendendola morbidamente sinuosa, fino a formare queste meravigliose terrazze! E il mare, approfittando di questo bianco candido e accecante, sfoggia le tonalità di blu e azzurro più intensi…
Piero: vale allora la pena rivedere tutte le immagini cliccando QUI. Non perdete poi questo meraviglioso video!
Le Gole dell’Alcantara
Alberto: sono di nuovo qui per continuare il nostro giro alla scoperta della Sicilia…
Angela: dove si va questa volta?
Piero: stai andando bene fino ad adesso: le cose che abbiamo visto sono stupende ed i ragazzi si sono divertiti!
Angela: sei stato molto bravo a mettere insieme i due ingredienti principali che ci aspettiamo dalla Sicilia: meraviglie da scoprire e soprattutto tanto mare!
Alberto: stavolta però cambiamo un pò: niente mare, ma non abbiate paura, non vi deluderò neppure questa volta!
Angela: lo dici tu ai ragazzi che oggi non vedranno il mare?
Alberto: non preoccuparti, vedrai che sarà per loro un’avventura meravigliosa con tanto spazio anche per il divertimento. Mettete in moto il van, si va alle Gole dell’Alcantara!
Tutti a bordo!
Alberto: ci allontaniamo un pò di più questa volta, in direzione Catania, proprio al confine con la provincia si Messina; un’ora e mezza di strada per raggiungere la nostra meta; buona parte la percorreremo in autostrada: prima la A20 in direzione Messina e poi la A18 in direzione Catania; usciamo a Giardini Naxos e da qui proseguiamo sulla statale 185 per una dozzina di chilometri verso l’entroterra.
Piero: arriviamo nella primissima mattinata al Parco Botanico e Geologico delle Gole dell’Alcantara (https://www.golealcantara.it/). Si parcheggia facilmente e abbiamo qualche minuto di attesa per la biglietteria (attenzione perché le attese possono diventare più lunghe specialmente in agosto!). L’ingresso è a pagamento e sono previsti sconti per i ragazzi e per i bambini e soprattutto per le famiglie; anche le varie attività che si possono fare sono a pagamento e si possono acquistare biglietti combinati che consentono di risparmiare qualcosa. All’interno si trovano bar e ristoranti ma noi ne approfittiamo per un pic-nic portandoci il necessario da casa: non occorre portarci tutto dietro perché, una volta acquistato il biglietto, si potrà tranquillamente tornare al van e poi rientrare.
Alberto: il parco si trova proprio a cavallo tra le due provincie, tra i comuni di Castiglione di Sicilia e Motta Camastra. L’attrazione principale è sicuramente rappresentata dalle cosiddette “gole”, ossia una serie di canyon alti fino a cinquanta metri e di larghezza compresa tra i due e i cinque metri al cui interno scorre il Fiume Alcantara. Il fiume nasce sul versante sud dei Monti Nebrodi e termina il suo percorso di 52 chilometri nel mar Ionio, dopo aver costeggiato il versante nord e quello est dell’Etna. Proprio l’azione del fiume ha modellato nel corso di trecentomila anni in modo spettacolare i basalti etnei, delle particolari rocce vulcaniche.
Piero: non è certo se questa particolare coreografia sia stata creata dall’azione erosiva del fiume che nel tempo ha scavato questo particolare percorso nella roccia o se invece il letto del fiume avrebbe avuto origine da una faglia formatasi in seguito ad un evento sismico; questa seconda ipotesi è supportata dal fatto che le pareti dei canyon sono intatte e spigolose ed il corso dell’acqua avrebbe contribuito solo in parte a modellarle.
Alberto: solo scienza qui e niente storia o mito: passiamo subito al divertimento allora!
Piero: ti sbagli, mio caro! Vuoi che non abbia trovato qualcosa anche qui?
Angela: me lo aspettavo, ormai ci abbiamo fatto l’abitudine…
Piero: intanto, secondo il mito, le gole si sarebbero formate a causa della disonestà di un contadino, che, con i suoi cattivi comportamenti, avrebbe scatenato l’ira degli Dei nella notte dei tempi, dando vita ad un’eruzione vulcanica impressionante. Chiaramente si tratta solo di una leggenda, ma serviva nell’antichità a spiegare le eruzioni ed i fenomeni sismici; ricordiamoci infatti che qui siamo veramente vicini all’Etna e la valle del fiume Alcantara evidentemente è stato un percorso privilegiato per più di qualche imponente eruzione che ha portato la lava fino al mare, formando presumibilmente Capo Schisò, nei pressi di Giardini Naxos. Proprio le colate laviche, nel tempo, avrebbero più volte sbarrato e modificato il percorso del fiume, oltre a formare questa meraviglia della natura.
Alberto: il fiume deve il suo nome agli arabi: Alcantara infatti deriva da Al-Qantarah, che significa ponte, in riferimento a quello di origine romana che proprio gli arabi trovarono in zona. Per i greci questo era il fiume della guarigione, ossia Akesine.
Le “gole”: uno spettacolo della natura
Angela: la meraviglia di questo posto sorprende immediatamente e lascia a bocca aperta grandi e piccini, di fronte a tanta bellezza ed potenza di madre natura.
Alberto: il parco si estende per più di duemila ettari lungo il corso del fiume, formando diverse gole e forre ma soprattutto regalando un paesaggio meraviglioso che si alterna tra rocce e vegetazione rigogliosa, dove non mancano agrumeti e fichi d’india. Chiaramente nel parco e nell’area fluviale non mancano meravigliosi e lunghi sentieri da percorrere a piedi, in mountain bike o addirittura in quad: si va dal sentiero delle rive dell’Alcantara, lungo il percorso del fiume e adatto a tutti, fino al sentiero del vulcanetto di Mojo, molto più impegnativo che porta alla scoperta di questo cono vulcanico ormai spento all’altezza di 700 metri sul livello del mare. Noi ci fermiamo chiaramente alla parte più famosa, più conosciuta e più imponente delle gole, proprio all’inizio.
Piero: dalla zona di accesso al parco, un sistema di ascensori ci porta giù al livello del fiume. L’alternativa più economica all’ascensore, sarebbe stato il sentiero comunale, fatto però di 240 gradini… Il punto di partenza della nostra visita è la spiaggetta delle gole.
Alberto: davanti alla spiaggetta l’acqua del fiume è davvero molto bassa e i bambini possono giocare e divertirsi. Attenzione però: l’acqua è sempre molto fredda, anzi gelida! Eventualmente è possibile noleggiare stivali e salopette per non bagnarsi, ma ad agosto che gusto ci sarebbe? Le scarpette sono però sicuramente consigliate per via delle rocce.
Piero: da questa zona più aperta, camminando nell’acqua ci addentriamo verso le gole vere e proprie, con l’acqua che man mano si alza di livello.
Angela: lo spettacolo diventa davvero unico: il fiume scorre in uno spazio sempre più stretto in mezzo a due altissime pareti di basalto dalle forme geometriche che sembrano scolpite!
Alberto: per chi resiste all’acqua gelida, si può arrivare fino al livello in cui l’acqua è profonda più di un metro: un’esperienza unica!
Piero: per chi ne ha voglia è anche possibile fare rafting e body rafting: gli organizzatori forniscono tutto il materiale necessario oltre alle istruzioni su come comportarsi durante la discesa lungo il fiume. E c’è anche la possibilità di far fare queste esperienze anche ai ragazzi. Inutile dire che vedere la gole da quella insolita prospettiva e farsi trasportare dalla corrente del fiume deve essere veramente emozionante…
Angela: nella tarda mattinata, specie nei mesi di luglio ed agosto, questa zona comincia ad affollarsi. Torniamo quindi al punto di partenza, sempre in ascensore, per goderci in tranquillità i diversi percorsi lungo la riva sinistra del fiume.
Alberto: si tratta di sentieri tutti discretamente semplici da percorrere a piedi e che non portano via più di mezz’ora.
Piero: facciamo prima il sentiero della Saja, più lungo e, in parte più esterno, che ci porta tutto intorno al parco, fino a raggiungere l’incantevole Sorgente di Venere: si tratta di un punto panoramico delle gole davvero incantevole!
Angela: da qui il sentiero della Saja si sovrappone a quello delle Gole; procediamo quindi verso il Tumulto di Vulcano ed il balcone di Venere.
Piero: a questo punto proseguiamo lungo il sentiero delle Gole e raggiungiamo nell’ordine il balcone e l’anfiteatro delle Muse, il balcone delle cascatelle ed infine la terrazza dell’amore.
Alberto: passiamo poi sotto il tunnel di fichi d’india per raggiungere il balcone delle tre colate che si trova proprio attaccata all’area pic-nic.
Angela: scelto il nostro posto e organizzati i nostri spazi portiamo i bambini a vedere l’ultima attrazione lungo il sentiero delle gole: la ricostruzione degli animali preistorici del parco.
Piero: oltre a tutto questo il parco regala anche diverse altre attrazioni per i più piccoli: innanzitutto il MOL, Museum of Land, che ha una fantastica sala multimediale che simula in 4D un’eruzione vulcanica, mostrando come si sono formate le gole; per chi non ha voglia di camminare tanto poi ci sono a disposizione dei minibus elettrici che permettono di girare i sentieri.
ZazzaMike e lo SprayPark
Alberto: adesso è il momento di rilassarci con il nostro pic-nic. Nel pomeriggio ad aspettare i bambini ci sarà ZazzaMike!
Angela: di cosa si tratta?
Piero: è la lucertolina che si incontra passeggiando nel parco, la simpatica mascotte.
Alberto: ZazzaMike ci porterà a trascorrere un bellissimo pomeriggio allo SprayPark, una piazza bagnata di 600 metri quadri, piena di giochi d’acqua e spruzzi, adatta a grandi e piccini.
Piero: è davvero divertente e non serve saper nuotare (non ci sono piscine)!
Angela: va bene anche per noi adulti, insieme ad un pò di relax sulle sdraio e sotto gli ombrelloni a disposizione della struttura.
Piero: abbiamo rinunciato per un giorno al mare ma devo dire che ne è valsa assolutamente la pena: anche questa è Sicilia!
Angela: devo dire che anche questa volta hai scelto bene, facendo felici grandi e piccini.
Alberto: un paesaggio incredibile, che sembra di un altro pianeta; un meraviglioso mix di natura, sport, scoperta e divertimento. Alla prossima!
Novara di Sicilia
Alberto: eccomi di nuovo ragazzi! Continuiamo con il nostro giro alla scoperta della Sicilia…
Angela: dove ci porti questa volta?
Piero: fino ad ora sei stato impeccabile: giri semplici da fare con la famiglia e molto interessanti per le scoperte che abbiamo fatto.
Angela: per non dire dell’ingrediente principe: il mare!
Alberto: allora direi di proseguire su questa strada, anche in senso letterale. Come fatto per Tindari, rimaniamo vicini alla nostra base di Milazzo; preparate il vostro mitico van e partiamo per la nostra giornata! Ci spostiamo di appena 45 chilometri in direzione Palermo e verso l’entroterra: la nostra meta sarà Novara di Sicilia!
Piero: ne ho sentito parlare perché è annoverato tra i borghi più belli d’Italia, mi piace!
Angela: ho sentito entroterra però, questo significa niente mare per oggi?
Alberto: calma, calma! Il borgo è meraviglioso, ma non ci porterà via tutta la giornata: ci rimarrà il tempo necessario per una fantastica sorpresa che non vi svelo adesso.
Piero: il solito misterioso… Tutti a bordo, allora! Si parte!
Benvenuti a Nuè!
Alberto: abbiamo un’oretta scarsa di viaggio per raggiungere la nostra meta; anche questa volta autostrada A20 e anche questa volta si esce a Falcone; da qui procediamo verso l’entroterra percorrendo il primo tratto della statale 185, fino a raggiungere Nuè.
Piero: così i locali chiamano questo borgo; qui si parla un dialetto strano, il gallo-italico. Nonostante ci troviamo al centro del Mediterraneo, gli abitanti di Novara discendono dai soldati e dai coloni che, provenienti dall’Italia settentrionale e dalla Francia meridionale, all’epoca della conquista normanna della Sicilia, si sono stanziati in questa zona. E’ davvero curioso ascoltare la parlata locale che è un misto di siciliano e genovese con accenti padani: sud e nord fusi non solo nel nome di una città omonima di quella piemontese (ma con cui non ha nulla a che vedere) ma soprattutto nelle parole. Il nome deriva probabilmente da quello dell’insediamento prima greco e poi romano chiamato Noa che poi con gli arabi diventa Nouah: entrambe le antiche denominazione testimoniano la bellezza e la fertilità del territorio.
Alberto: le prime tracce di insediamenti umani risalgono al mesolitico con le abitazioni scavate all'interno della rocca Sperlinga e i ritrovamenti di contrada Casalini. Chiaramente queste abitazioni hanno poco a che vedere con il borgo che si svilupperà successivamente, ma la pietra rimane il filo conduttore dello sviluppo di Novara: gli abitanti infatti si specializzano nella lavorazione, tramandando l’arte di padre in figlio, e molte delle case e delle costruzioni sono fatte proprio nella pietra locale, l’arenaria. Plinio in epoca romana cita nei suoi scritti Noa e chiama i suoi abitanti “noeni”. Nel IX secolo i berberi costruiscono un nuovo castello che sostituisce quello abitato fino a tutta l'epoca bizantina. Nell’XI secolo si insedia una colonia di longobardi, di religione cattolica con rito latino, probabilmente nei luoghi in cui sorge l'attuale paese: tornata terra cristiana, fu chiamata Nucaria. Risale al 1171 la prima abbazia cistercense in Sicilia, quella di Santa Maria Nucaria, fondata da sant'Ugo, sotto re Ruggero II. Segue poi il periodo di dominazione normanna seguita da quella aragonese. Il borgo raggiunge il suo massimo sviluppo nel XVII secolo, periodo in cui si sviluppa il tessuto edilizio che ritroviamo ancora oggi.
Piero: il borgo è stato danneggiato dai bombardamenti alleati dell’agosto del 1943, nella seconda guerra mondiale. E’ stato pian piano ricostruito fino ad essere oggi uno dei borghi più belli d’Italia.
Angela: Novara oggi è un gioiello che si trova al confine tra i monti Peloritani e i Nebrodi, sulle pendici delle montagne, in un incantevole scenario naturale fatto di boschi oltre i quali domina l’imponente sperone di roccia, Rocca Salvatesta che raggiunge i 1340 metri di altezza; dall’altra parte il panorama è impreziosito dal mare e dalle isole Eolie e dal promontorio di Tindari che da qui si domina dall’alto.
Alberto: il borgo è fatto di piccole case costruite in modo disordinato le une sulle altre, di un dedalo di vicoli e viuzze che alle volte sono impreziositi da archi; ma anche e soprattutto è zeppo di palazzi eleganti con le facciate decorate e di chiese sontuose. Il tutto, sapientemente curato e conservato, dona a Novara il tipico aspetto medievale. Le strade sono pavimentate in acciottolato. L'arenaria, come detto, è il materiale che domina le costruzioni civili e quelle religiose; alcune costruzioni hanno anche elementi architettonici realizzati in cipollino, un'altra pietra locale di colore rossastro.
Piero: arrivati dalla statale, la nostra passeggiata inizia da via Duomo. Raggiungiamo uno dei luoghi più interessanti della nostra visita, il Duomo di Santa Maria Assunta. Si tratta della chiesa più grande e più importante del borgo. Risale al XVI secolo ed è costruita ovviamente in arenaria; l’interno è straordinariamente ricco, con tre navate e dodici altari decorati da bellissimi affreschi e statue. Da qui iniziano e finiscono quasi tutte le processioni che si svolgono numerose durante l’anno: si comincia con Sant’Antonio Abate il 17 gennaio in cui si benedicono gli animali e si accende “u focu”, il fuoco, che guarisce dall’herpes; si passa al periodo pasquale che segue riti antichissimi che si ripetono sempre uguali nel tempo, mantenendo il loro fascino; non può mancare ovviamente il presepe vivente nel periodo natalizio, anche se il momento centrale della vita religiosa della comunità è la processione notturna dell’Assunta, a Ferragosto: l’intero borgo viene addobbato e riempito di luminarie; l’antica vara viene preparata con i gioielli donati dai fedeli e vengono accesi decina di ceri alla base; si parte poi per le strade di Novara nell’affascinante scenario notturno!
Alberto: la devozione religiosa ha segnato in maniera importante lo sviluppo urbanistico di Novara. Ad ogni angolo si trovano chiese, alcune delle quali davvero molto belle: dalla più antica e più piccola chiesa di San Francesco, risalente al medioevo, alle chiese barocche dell’Annunziata e di Sant’Ugo, per finire con quella di San Giorgio, con quella di San Nicolò nel cuore del paese e con quella di Sant’Antonio Abate.
Angela: tutto il paese si snoda attraverso i meravigliosi vicoli tipici medievali: percorrerli è davvero affascinante. Oltre alle tante chiese, altrettanti sono i palazzi che vale la pena fotografare: Villa Salvo, nel quartiere di San Francesco; il Palazzo Stancanelli, sulla piazza principale, la Casa Fontana, sotto il Duomo, il Palazzo Salvo Risicato, il Palazzo del Comune e l’ottocentesco Teatro Comunale.
Piero: il punto più alto del borgo è occupato dai ruderi del Castello saraceno. Rimane poco da vedere dell’antica struttura: un solo torrione dei quattro che probabilmente formavano la costruzione originale che si è persa nel tempo a causa dell’incuria ma anche per i terremoti e le frane che hanno interessato la rupe sulla quale era stato edificato; il terreno ove sorgeva il castello è oggi di proprietà di privata ed è sede di un ristorante.
Alberto: questo sicuramente non ha giovato nel tempo alla conservazione di questo simbolo dell’antica Novara; tuttavia vale ugualmente la pena visitarlo per lo splendido panorama che da qui si gode sull’intero borgo, sulla valle, su Tindari, sul mare e sulle Isole Eolie.
La Rocca Salvatesta
Piero: poco prima di pranzo lasciamo il borgo per dirigerci verso la Rocca Novara che avevamo visto dominare il paese.
Angela: poco più di dieci minuti in auto e raggiungiamo il punto di partenza di questa camminata verso quella che i locali chiamano Rocca Salvatesta.
Piero: insieme alla bellezza naturale, a questo luogo è legata un’antica leggenda: secondo la tradizione infatti, in questo luogo si nasconderebbe un tesoro inestimabile; per ritrovarlo è necessario superare una serie di prove ed a farlo deve essere una donna!
Alberto: proprio così: nell’arco di ventiquattro ore dovrebbe raccogliere la legna da sette boschi diversi e tessere al telaio un canovaccio di lino; a questo punto dovrà raccogliere del grano per farne della farina al mulino con la quale poi preparerà il pane, usando la legna raccolta per cuocerlo e, una volta pronto, lo avvolgerà nel canovaccio che ha appena tessuto; la prova finisce consumando il pane proprio alle pendici della rocca; allo scoccare della mezzanotte un cavaliere, secondo la tradizione, aprirà le porte del tesoro, consegnando alla fortunata le giare ricolme d’oro.
Piero: la Rocca è il punto più altro dei Monti Peloritani con i suoi 1340 metri e per la sua forma è anche conosciuto come il Cervino di Sicilia. La camminata per raggiungere la vetta dura circa tre ore e non è semplicissima, specie in estate e soprattutto con i bambini. La passeggiata inizia da un’area attrezzata per i pic nic che si trova proprio sulla strada di sella Mandrazzi che da Novara porta a Francavilla di Sicilia.
Alberto: il primo tratto è ripido ma breve e si può affrontare tranquillamente. Raggiunto il piano decidiamo di fermarci per ammirare lo splendido panorama sulla baia di Tindari da una parte ed ammirare da un altro punto di vista la Rocca, affiancata dal Racco del Leone.
Piero: questa probabilmente è la zona in cui storicamente si è avuto il primo insediamento. Respirata un pò di aria fresca e dopo aver goduto lo splendido panorama, facciamo ritorno in paese per il pranzo.
Angela: pranzo veloce a base di prodotti tipici e fra questi non può mancare un assaggio del prodotto tipico per eccellenza di Novara di Sicilia: il formaggio Maiorchino.
Alberto: formaggio buonissimo, prodotto solo qui, il cui nome deriva probabilmente dall’alimentazione del gregge che avviene con gli scarti della varietà di grano locale detta appunto Maiorca. E’ fatto in buona parte con latte di pecora ma con una buona aggiunta di latte di capra.
Piero: a questo formaggio è dedicata anche una particolare sagra nella quale i residenti si sfidano facendo rotolare per i vicoli del borgo le forme di maiorchino; la finalissima si svolge nel periodo di carnevale. Sia il formaggio che la sagra hanno regole e tradizioni antichissime.
La spiaggia di Mongiove
Alberto: adesso vedo che i ragazzi sono stanchi e avevo promesso loro una sorpresa!
Angela: è vero! Il mare, giusto?
Alberto: esatto! Vi porto in un una spiaggia speciale, quella di Mongiove. Ci saranno da percorre una trentina di chilometri, quarantacinque minuti e saremo sul posto sperando di trovare immediatamente parcheggio…
Piero: la spiaggia fa parte del complesso della Riserva Orientata dei laghetti di Marinello; la prima parte è molto ampia e termina a destra con un affascinante promontorio. Come spesso accade in questa zona della Sicilia, la sabbia fine lascia posto ai ciottoli man mano che ci si avvicina alla battigia; chiaramente andando verso il promontorio aumentano gli scogli.
Angela: la spiaggia nel complesso è bella ed il mare è limpido anche se diventa rapidamente profondo. E’ il posto ideale in cui trascorrere un pomeriggio anche se nei week end e nei mesi di luglio e agosto può risultare affollata.
Piero: la particolarità è che con brevi tratti di nuoto o se si è fortunati, con bassa marea e mare calmo, è possibile superare il promontorio e raggiungere le varie grotte e calette che si susseguono in questo tratto di costa fino al promontorio di Tindari.
Alberto: il breve video che ho girato con il drone ne testimonia la bellezza e la particolarità!
Angela: anche questa meravigliosa giornata è terminata! Molto stanchi è il momento di fare ritorno a casa: un po' di riposo e saremo pronti per una nuova avventura! Clicca QUI per rivedere tutte le immagini.
Gita a Tindari
Piero: ciao Alberto, eccoci ancora qui!
Alberto: continuiamo con il nostro giro alla scoperta della Sicilia…
Angela: che bello! Dove andiamo questa volta?
Alberto: anche questa volta non andiamo lontani dalla nostra base a Milazzo e potete riprendere il vostro mitico van! Ci spostiamo di appena 35 chilometri in direzione Palermo: mezz’ora di strada e inizia la nostra gita a Tindari…
Piero: è uno dei posti lungo la costa tirrenica della provincia di Messina che mi affascina di più: arte, cultura, mito, storia e spiritualità fusi in una località unica!
Angela: il tutto con uno splendido mare sullo sfondo!
Alberto: non solo sullo sfondo direi: la mattina vi porto a visitare Tindari, mentre il pomeriggio lo splendido mare che vedremo dall’alto ce lo godremo tutto! Sono convinto che vi piacerà moltissimo: è un posto talmente bello che Camilleri vi si è ispirato per un episodio de “Il Commissario Moltalbano”; ed è proprio in suo onore che chiamiamo così la nostra giornata.
Piero: si parte allora!
Tindari
Alberto: come detto la nostra gita inizia con una mezz’ora di viaggio; percorriamo l’autostrada A20 e usciamo a Falcone e da qui, seguendo le semplici indicazioni, cominceremo la nostra salita verso Tindari.
Piero: questa piccola frazione del comune di Patti, si trova infatti in cima all’omonimo promontorio, a strapiombo sul mare: si raggiunge un altezza di trecento metri circa sul livello del mare.
Alberto: Tindari ha origini antiche e nobili: è stata infatti fondata nel 396 a.C. per volere di Dionisio da una colonia di mercenari siracusani; la chiamarono Tyndaris, il nome greco originale, in onore di Tindaro, allora re di Sparta, secondo il mito, padre putativo della famosa Elena di Troia e dei Dioscuri, Castore e Polluce. Durante la prima guerra punica, fu base navale cartaginese e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia omonima, nella quale la flotta romana mise in fuga quella cartaginese. Insieme a Siracusa, nel 56 a.C., fu conquistata dai romani che, con Augusto, la trasformarono in una delle cinque colonie siciliane, la “Colonia Augusta Tyndaritanorum”: risale a questo periodo la citazione di Cicerone che definisce Tindari “nobilissima civitas”.
Piero: tra il I ed il IV secolo d.C. inizia però un periodo di declino in conseguenza di una rovinosa frana prima e di due terremoti devastanti poi che la distrussero quasi completamente. Diventa sede vescovile nel VI secolo e viene conquistata dai Bizantini; nell'836, passa sotto il dominio arabo che la distruggono quasi completamente.
Angela: a queste catastrofi sopravvivono solo il santuario, i resti dell’antica città ed il teatro greco.
Alberto: e proprio queste sono le mete della nostra mattinata!
Piero: un tempo se non sbaglio era proprio possibile arrivare in macchina fino al piazzale antistante la chiesa.
Alberto: Esatto, ma oggi non è più così: per evitare il traffico delle vetture che poi venivano parcheggiate in modo selvaggio anche lungo l’ultimo tratto di strada, oggi è stato predisposto un ampio parcheggio a pagamento a pochi chilometri dall’arrivo in cima; da qui si può procedere con un comodo servizio di bus navetta, il cui prezzo è compreso nel costo del parcheggio, oppure a piedi.
Angela: non mi sembra proprio il massimo farla piedi; la distanza non sarebbe proibitiva ma è tutta in salita e comunque rimane ugualmente da fare a piedi l’ultimo ripido tratto dei tornanti verso il santuario; con il caldo di alcuni periodi dell’anno non è consigliabile e come allenamento ci faremo bastare questo tratto.
Piero: arriviamo finalmente in cima e la prima cosa che facciamo è affacciarci dalla piazza per ammirare lo splendido panorama della lingua di terra del mare di Tindari!
Il Santuario di Tindari
Alberto: ci spostiamo adesso a visitare il Santuario della Madonna di Tindari, diventato Basilica a partire dal 2018. Si trova sull’estremità orientale del promontorio, dove sorgeva l’antica acropoli, sui cui resti era stata originariamente costruita una piccola chiesetta dedicata alla statua della Madonna Nera; si tratta di una scultura in legno di cedro, di epoca imprecisata, nella quale la Madonna, con la corona in testa, regge in braccio il Bambino e presenta la caratteristica inconfondibile del volto lungo tipico delle raffigurazioni orientali e africane (ma non occidentali), mantenendo comunque proporzioni aggraziate e davvero molto armoniose anche dal punto di vista artistico. Alla base della statua, si nota la scritta che riprende il Cantico dei Cantici “Nigra sum sed formosa”, ossia “sono bruna ma bella”.
Piero: non è chiaro se la statua sia giunta a Tindari in conseguenza di un naufragio o, più probabilmente, nel tentativo dei fedeli di sottrarla alla furia iconoclasta dell'VIII secolo, sarebbe stata abbandonata dai marinai di una nave approdata sotto il promontorio di Tindari, per poter ripartire alleggeriti dal pesante carico. La Madonna è venerata attualmente in una festa che si tiene il 7 settembre.
Angela: la Basilica attuale è il risultato dell’ampliamento terminato con la consacrazione del 1979. Chiaramente è possibile visitare la nuova chiesa ma anche la vecchia che si trova all’interno della struttura del santuario. Ancora, è possibile visitare le stanze del santuario stesso accedendo ad una in particolare che dalla sua finestra regala una vista unica del promontorio sottostante e di tutta la baia: da non perdere!
Piero: prima di spostarci all’area archeologica, vale la pena assaggiare una buonissima granita in uno dei bar del piazzale: gelsi o caffè sono i miei gusti preferiti!
Alberto: percorriamo adesso l’unica via che dal santuario porta all’area archeologia; il primo tratto è pieno di negozietti e bancarelle che vendono souvenir di qualunque genere e frutta secca tostata (“a càlia” in dialetto siciliano).
La zona archeologica di Tindari
Piero: ad anticipare il nostro imminente arrivo alla zona archeologica, sono le mura di cinta ancora visibili in alcuni tratti.
Alberto: l’area nel complesso è ancora ben conservata, probabilmente per lo scarso interesse verso il riutilizzo della pietra arenaria con la quale le strutture erano costruite. Gli scavi sono di epoca abbastanza recente: i primi risalgono al 1839, ma la parte più importante risale agli anni sessanta del secolo scorso e sono stati completati solo di recente. Oggi possiamo ammirare un’insula romana con parte della strada principale, il decumano, la basilica e soprattutto l’antico teatro greco.
Piero: l’insula è praticamente un intero quartiere romano del quale sono ben conservate la base delle abitazioni ed alcuni mosaici; si distinguono chiaramente anche diverse tabernae e una villa patrizia, con tanto di terme. La basilica è una costruzione a due piani risalente probabilmente al IV secolo con un passaggio centrale sotto una volta a botte: si dove trattare di un ginnasio. Infine il teatro: è addossato al fianco di una collina, con un diametro di oltre 60 metri; risale al periodo della fondazione della città ma fu poi ristrutturato in epoca romana con la costruzione di un portico e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata: il tutto per renderla utilizzabile per i giochi. La sua splendida posizione che guarda verso il mare ne hanno fatto la sede di un importante festival di musica, danza e teatro che dal 2001 ha preso il nome di Festival dei Due Mari. Alcuni reperti sono conservati in un modesto museo che è possibile visitare congiuntamente all’area.
Angela: devo dire che la meraviglia di questo posto meriterebbe un’attenzione ben diversa: poca manutenzione e poca cura, nonostante si paghi anche un biglietto di ingresso. Un vero gioiello in preda all'incuria! Rifiuti e transenne abbandonate dappertutto ma quel che è peggio mosaici sommersi dalla polvere e dalle erbacce: un vero peccato!
Alberto: mi spiace tanto per la tua delusione, ma abbiamo ancora davanti un pomeriggio in un altro posto molto bello.
Piero: il mare ed il promontorio li abbiamo visti dall’alto: adesso è arrivato il momento di andarci.
Alberto: ritorniamo al parcheggio e ci dirigiamo a Marinello con l’obiettivo di raggiungere la lingua di sabbia proprio sotto il promontorio di Tindari. Anche qui due opzioni: passeggiata in spiaggia sotto il sole o approfittiamo del servizio navetta che in barca, in pochi minuti e con pochissimi euro, ci porta direttamente.
Angela: scegliamo chiaramente questa seconda opzione, per evitare la calura del dopo pranzo e la lunga camminata. Viaggiando con i bambini anche la breve gita in barca è di per se un’esperienza. Certo a voler vivere l’avventura fino in fondo, si potrebbe percorrere direttamente il sentiero, chiamato Coda di Volpe per la sua particolare forma, che porta dall’antica Tindari giù fino alla riserva marina.
I laghetti di Marinello
Alberto: la Laguna di Tindari, con la spiaggia di Marinello, formano un braccio di mare di eccezionale bellezza che è oggi una riserva naturalistica protetta per la straordinaria presenza contemporanea di caratteristici specchi d’acqua di tipo lacustre (i cosiddetti “laghetti di Marinello”) con sabbie marine. Anche qui il mito si intreccia alla bellezza del posto: secondo una leggenda, infatti, la spiaggia si sarebbe formata miracolosamente in seguito alla caduta di una bambina dalla terrazza del Santuario che sarebbe stata poi ritrovata sana e salva sulla spiaggia; la madre della bambina, dopo aver assistito al miracolo, avrebbe cominciato a credere alla natura miracolosa della scultura della Madonna, della quale aveva dubitato a causa della pelle scura. Altra leggenda che dona ulteriore fascino a questo luogo è quella che riguarda la Grotta di Donna Villa, che si trova nel costone di roccia sovrastante: la grotta sarebbe stata abitata da una maga, che attraeva i naviganti con il suo canto per poi divorarli; quando qualcuno rinunciava per la difficoltà di raggiungere l'ingresso, la maga sfogava la rabbia affondando le dita nella parete; a questo sarebbero dovuti i piccoli fori che si aprono numerosi nella roccia.
Piero: la forma della spiaggia muta continuamente a seconda delle maree; la lingua di terra però sembra avere dall’alto la forma di una donna che avvolge un bambino.
Angela: il mare ed il posto sono incantevoli ed in genere poco affollati anche d’estate. L’acqua è limpidissima ed il fondale è sabbioso e profondo in maniera diversa a seconda della posizione: da un lato il mare è meno profondo e protetto dalla lingua di sabbia mentre, dall’altro è più profondo ed esposto. Chiaramente questo tratto di spiaggia non è attrezzato e quindi bisogna partire ben organizzati.
Piero: abbiamo trascorso un’altra meravigliosa giornata in questa splendida terra, alla scoperta di un luogo che sintetizza perfettamente lo spirito dei nostri viaggi dove bellezza e relax si uniscono a storia e cultura!
Alberto: come state imparando a conoscere sono tante le località in Sicilia che hanno queste caratteristiche: non dobbiamo far altro che continuare la nostra paziente scoperta!
Angela: non vediamo l’ora! Nel frattempo però, godiamoci tutte le immagini e rivediamo tutta la bellezza di Tindari in questo breve video.
Salina
Alla scoperta della più verde delle Eolie
Piero: ciao Alberto, eccoci di nuovo!
Alberto: certo, avevo promesso che vi avrei portati in giro per la Sicilia…
Angela: che bello! Dove si va questa volta?
Alberto: vi do un indizio… eravamo rimasti a Milazzo e direi di non allontanarci molto anche se questa volta non potrete usare il vostro mitico van ma servirà l’aliscafo!
Piero: è facile allora, sicuramente si tratta di una delle meravigliose isole dell’arcipelago delle Eolie che da Milazzo si vedono tutte.
Angela: io ne conosco solo alcune, quali sono?
Alberto: sono in tutto sette: Lipari, Vulcano, Salina, Panarea, Stromboli, Alicudi e Filicudi.
Piero: e tu di quale ci parlerai?
Angela: dai, Alberto non lasciarci sulle spine. Almeno dacci un altro indizio.
Alberto: vi dico solo che l’isola in questione ha il monte più alto di tutte le Eolie, circa 962 metri, e io sono arrivato fino in cima a piedi.
Piero: fammici pensare… ti direi Stromboli!
Alberto: non ci sei andato molto lontano. Stromboli è alto 924 metri ed è il secondo rilievo più alto.
Angela: allora…Salina!
Alberto: esatto. Mettete in valigia scarpe comode, costumi da bagno, cappelli e protezione solare. Appuntamento al porto di Milazzo per prendere l’aliscafo che ci porterà a Salina!
Piero: la corsa da Milazzo a Salina dura circa un’ora e mezza ed il costo dell’aliscafo non è proprio economico anche se per la destinazione ne vale la pena. Ci sarebbe l’alternativa del traghetto anche se la durata è molto più lunga e la frequenza delle corse è molto minore.
Alberto: Salina è una antica isola vulcanica. La peculiarità è avere due monti, anch’essi antichi vulcani, uno accanto all’altro: il monte Fossa delle Felci, il più alto dell’arcipelago, ed il monte dei Porri. Da questi due vulcani spenti, visti da nord-est, deriva il suo antico nome greco antico Didỳmē (dal greco dìdymos, "gemello"). L'attuale nome deriva invece da un laghetto presente nella frazione di Lingua, dal quale si estraeva il sale.
Santa Marina Salina
Angela: eccoci arrivati allora! Come si chiama questa cittadina?
Alberto: attracchiamo a Santa Marina Salina. Ci sono due porticcioli a Salina: uno, che è anche il principale, è proprio questo; l’altro si trova invece a Rinella, dove ci sono le spiagge nere.
Angela: è molto grande l’isola?
Alberto: beh, fai conto che in meno di un paio di orette d’auto puoi girare tutti i principali paesini dell’isola: d’altronde siamo sulla seconda più estesa dell’arcipelago, anche se conta solo 2.300 abitanti.
Piero: immagino che però l’auto sia essenziale?
Alberto: non necessariamente. La prima volta che ci sono stato avevo affittato con degli amici una villetta proprio a Santa Marina e, per visitare le altre località, ci spostavamo in autobus o taxi. Certo, per chi come voi ha dei i bambini ed ha voglia di girare, sicuramente consiglio di noleggiare l’auto.
Angela: immagino quindi che sia la prima cosa da fare: come ci organizziamo?
Alberto: devo dire che, come in molte località turistiche tipicamente estive, è un pò un’avventura noleggiare un’auto. Bisogna fare attenzione con i prezzi, controllare per bene lo stato della vettura per evitare sorprese alla consegna… è sicuramente meglio organizzarsi prima di arrivare sull’isola per evitare attese o peggio non trovare disponibilità.
Piero: grazie per il suggerimento. Cosa si fa a Santa Marina?
Alberto: in estate è davvero molto vivace. Ci sono eventi praticamente tutte le sere, vari ristoranti, gelaterie, bar, negozietti…
Angela: ci consigli qualche ristorante?
Alberto: ricordo sempre la Trattoria Cucinotta, che si trova nella via principale dove ci sono tutti i negozietti tipici. A parte la location, con la sua meravigliosa veranda con vista sul mare e sull’isola di Lipari, non potete non prendere le caserecce al ragù di totano che mi sono davvero piaciute.
Angela: gnam! Segnato sulla lista…
Piero: cos’altro ci consiglieresti da fare?
Alberto: nella parte occidentale del paese, nella località detta Serro dell’Acqua, è possibile percorrere un sentiero che conduce, attraverso una vegetazione di ulivi e alberi da frutto, alle grotte saracene.
Angela: di cosa si tratta?
Alberto: sono grotte scavate nel tufo e nascoste da una fitta vegetazione, utilizzate come rifugio per sfuggire alle atroci barbarie commesse dai saraceni intorno al 650 d.C. Sono composte da diversi ambienti comunicanti dentro i quali sono, ancora oggi, visibili le incisioni a croce e i numerosi segni votivi.
Piero: davvero molto interessante! A Salina viene prodotta la Malvasia, un vino dolce. Cosa mi dici?
Alberto: Salina è un'isola fertile, girandola non puoi notare i tanti vigneti. La Malvasia di Salina, appunto un vino dolce dal sapore delizioso, viene ottenuto mediante l'essiccazione e la successiva pigiatura delle uve prodotte dai vigneti locali. Questo è solo il principale degli altri vini prodotti sull’isola: si producono, anche se non da vitigni autoctoni, anche ottimi vini bianchi e rossi, sia fermi che frizzanti. Proprio perché l’isola come detto è molto fertile non mancano anche le altre coltivazioni. L’altro prodotto tipico dell’isola è il cappero che si ottiene dal fiore della pianta omonima: qui se ne produce una qualità particolare, molto più grossa, i “cucunci”.
Piero: che spettacolo! Dove ci porti adesso?
Alberto: ci spostiamo a Lingua, una frazione di Santa Marina, che dista circa 10 minuti d’auto. Probabilmente è il luogo che ho visitato più spesso.
Angela: conoscendoti, sarà perché si mangia bene.
Alberto: mi conosci…a Lingua c’è “Da Alfredo”, per me uno dei bar nella top 5. Credimi, di bar ne ho provati tanti…
Piero: ma è solo un bar!
Alberto: per noi siciliani il bar è un po' parte della cultura, è un luogo di ritrovo dove non solo consumiamo il caffè ma soprattutto sua maestà la granita!
Angela: ora capisco.
Alberto: e non è tutto, da Alfredo devi anche provare il piatto tipico per il pranzo o la cena: “u pani cunzatu”, il pane farcito. Si tratta una rivisitazione di una ricetta antica di pescatori che la sera preparavano una insalatona con gli ingredienti a disposizione - spesso olio, capperi, olive e basilico - accompagnandola con del pane abbrustolito. Il signor Alfredo, con i figli, oggi preparano una pagnotta di pane di semola casereccia, la abbrustoliscono e condiscono in tutti i modi possibili e immaginabili. Chiaramente il consiglio è di provarla con tutti i prodotti tipici locali.
Piero: sembra buona!
Alberto: nonostante l’estrema semplicità, lo è assolutamente. Probabilmente a fartela apprezzare di più è anche il contesto del locale e la piazzetta antistante che da sul mare. Un consiglio pratico: se vi fermate per pranzo e non volete appesantirvi troppo, ordinatene solo mezzo.
Angela: grazie. Ma non c’è nessun faro sull’isola? Sai quanto mi piacciono…
Alberto: caschi bene. Ce n’è proprio uno a qualche centinaio di metri dal bar.
Pollara
Piero: meno male dai, così anche questa è smarcata. E adesso dove ci porti?
Alberto: adesso andiamo dall’altro lato dell’isola; probabilmente hai già visto qualche immagine al cinema nel film “Il postino”.
Piero: è vero! La casa di Pollara è l’unico luogo, oltre Procida, dove Massimo Troisi girò il suo ultimo film nel 1994.
Alberto: esatto, ma il luogo che vorrei mostrarvi è la Spiaggia di Pollara. Il nome trae in inganno, non c’è la sabbia ma grandi sassi tra gli scogli. Lo spazio è un pò ristretto, ma è proprio questo che la rende unica e intima, incastonata all’interno di una scogliera a forma di anfiteatro. Per arrivarci bisogna percorrere un sentiero ripido, ma bellissimo. Al ritorno magari faremo un pò di fatica, ma ne sarà valsa la pena.
Angela: forse con i bimbi solo per una toccata e fuga…
Alberto: si, magari non è comodissima per trascorrerci la giornata, ma vale assolutamente la pena almeno farci un salto.
Monte Felci
Piero: a proposito di fatica, ci dicevi che sei salito in vetta al monte di Salina?
Alberto: proprio così. Il percorso per salire in cima è una vera e propria avventura. Chiaramente non si può fare organizzando la visita dell’isola in giornata. E’ necessario soggiornare almeno una notte ed è proprio così che abbiamo fatto: sveglia quindi alle 3 del mattino e partenza intorno alle 4 per arrivare in cima in tempo per vedere l’alba e soprattutto per evitare di camminare diverse ore sotto il sole cocente.
Angela: come vi siete organizzati?
Alberto: saliti in auto, ci dirigiamo verso la valle dalla quale inizia la camminata che è ancora buio pesto.
Piero: spero vi siate portati delle torce…
Alberto: no, ma fortunatamente avevamo il flash dei nostri telefoni. Immaginate questa camminata in mezzo ai boschi totalmente al buio.
Angelo: immagino che per chi fa trekking, non sia un grande problema…basta organizzarsi, conoscere il territorio e avere gli strumenti giusti.
Alberto: esatto! Ma noi non facciamo trakking e probabilmente non avevamo esattamente tutto il necessario…
Piero: quindi come avete proseguito?
Alberto: camminavamo e ogni tanto ci fermavamo per chiederci se volessimo proseguire o tornare indietro. Ad ogni rumore che sentivamo tra gli alberi il pensiero ricorrente era “chi me l’ha fatta fare?”. Alla fine però ha prevalso l’orgoglio: dovevamo riuscirci!
Angela: com’è andata la camminata?
Alberto: devo dirti che, seppur a tratti faticosa, è davvero fantastica. L’altra cosa che purtroppo non avevamo calcolato era l’umidità: oltre a farci sudare tantissimo, la foschia mattutina infatti, in cima, ci ha impedito di vedere il panorama. E’ stata comunque una bellissima esperienza che assolutamente rifarei.
Piero: quanto ci avete messo?
Alberto: circa 2 ore e mezza per la salita e un’ora e mezza per la discesa. Ricordo ancora che mentre noi tornavamo a valle, incontravamo i primi camminatori che ci chiedevano come mai stessimo tornando indietro. In realtà, spiegavamo, di essere partiti molto presto al mattino, che eravamo arrivati in cima e che stavamo andando a goderci una bella granita e un bagno al mare.
Piero: stai già organizzando altre “scalate”?
Alberto: mi piacerebbe molto Stromboli…speriamo che questa estate si possa fare.
Angela: davvero! Noi non vediamo l’ora di venirti a trovare in Sicilia.
Rinella
Piero: ma non ci hai detto tutto ancora: c’è Rinella!
Alberto: esatto. Rinella è famosa, come vi dicevo, per la sua spiaggia di sabbia nera, meta soprattutto di famiglie e bambini che vogliono godere di una maggiore comodità per l'accesso al mare.
Angela: proprio quello di cui abbiamo bisogno!
Alberto: proprio così. La spiaggia si trova proprio davanti al borgo marinaro e questo le conferisce una fisionomia unica. Attorno alla spiaggia inoltre ci sono numerosi bar e ristoranti che permettono di gustare le varie prelibatezza dell’isola.
Piero: è davvero un’isola meravigliosa. Pensare poi che ce ne sono altre sei… quante ne hai visitate?
Alberto: ho messo piede, anche se quasi sempre per poco tempo, su tutte le isole tranne Stromboli. Proprio per questo ho una gran voglia di organizzare una bella escursione lì.
Angela: con il drone immagino…
Piero: fosse solo con quello! La reflex, gli obiettivi, la camera…un intero zaino dedicato alla nostra grandissima passione. Vero Alberto?
Alberto: io solitamente viaggio un po' più leggero di te, ma la passione è la medesima. Piero, quando avrai tempo dovremmo confrontarci sui nostri zaini e cosa solitamente ci mettiamo dentro per i nostri viaggi!
Piero: ottima idea!
Angela: li abbiamo persi…voi pensate agli zaini, io penso ad organizzare il prossimo viaggio!
Alberto: al prossimo racconto, allora.
Piero: ciao Alberto, alla prossima!
Alberto: se ti va di riguardare tutte le immagini, clicca QUI e soprattutto guarda questo splendido video!
Milazzo
Piero: Alberto, che piacere rivederti!
Alberto: ciao ragazzi, ho un’idea che mi piacerebbe condividere con voi.
Angela: certo, dicci tutto.
Alberto: vorrei raccontarvi un po' della mia terra, la Sicilia. Cosa ne dite? Potrei iniziare con la costa tirrenica che si affaccia sulle Isole Eolie, per poi portarvi in giro per questa splendida isola.
Angela: è una splendida idea! Non vediamo l’ora di saperne un pò di più e di vedere le bellissime foto che hai scattato.
Alberto: partiremo allora da Milazzo: parlando di isole Eolie non si può che cominciare da qui! Clicca QUI per vedere tutte le immagini!
Piero: è una città molto antica fondata dai greci con il nome di Mylae (da qui anche il nome del vicino fiume Mela).
Angela: i greci intendevano così sfruttare la sua pianura fertile, la sua posizione strategica e soprattutto il suo porto naturale.
Piero: sotto la dominazione romana, a Mylae si combatte prima un’importante battaglia durante la prima guerra punica e soprattutto poi un’altra decisiva nello scontro tra Ottaviano e Pompeo.
Alberto: nel tempo la sua importanza è rimasta tale con le dominazioni prima normanna e poi spagnola.
Angela: ma soprattutto Milazzo la si incontra sui libri di storia grazie ad una battaglia combattuta tra le truppe borboniche e quelle di Garibaldi: una battaglia importante questa, che ha posto le basi per l’unificazione italiana.
Piero: alla storia si intreccia poi il mito: le acque davanti a Milazzo sono quelle raccontate da Omero nella sua Odissea; Ulisse vi approda, spinto dalla curiosità, per raggiungere la grotta del più terribile dei ciclopi, Polifemo. Molti luoghi, soprattutto in Sicilia, si contendono l'onore di conservare la casa del ciclope incontrato da Ulisse: chiaramente non è semplice capire a quale posto si ispirò Omero nel suo racconto. Comunque la Grotta di Polifemo a Milazzo si trova sotto la rocca del castello ed è una grotta naturale che veniva usata come deposito di armi e dove veniva estratta e conservata la polvere di salnitro per la fabbricazione della polvere da sparo.
Angela: che storia! Mi piacerebbe visitarla.
Alberto: purtroppo è proprietà privata ed è attualmente chiusa e non visitabile. Credo non sia aperta dagli anni '70, quando diventò una sala ricevimenti dove si tenevano matrimoni e cerimonie.
Piero: che peccato. Chissà com’era all’interno…
Alberto: so che ci sono una serie di sale naturali e alcune scavate in epoca medievale. Era anche stato costruito un palco per esibizioni musicali e una pista da ballo.
Angela: mi spiace un pò per Polifemo, è rimasto tutto solo…
Piero: speriamo che prima o poi qualcuno intervenga!
Alberto: storia e mito quindi che rendono questo posto ancora più affascinante!
Piero: tutto ha inizio nell’VIII secolo a.C. con un piccolo insediamento proprio dove adesso vedete le rovine di un castello.
Angela: molto bello! Ma è aperto al pubblico?
Alberto: sicuro! Pensate, è la cittadella fortificata più grande della Sicilia. E’ meraviglioso da fuori e sbalorditivo visto da dentro. All’esterno, nel suggestivo borgo antico, ci sono anche dei locali che vale la pena provare.
Angela: avevo letto che da pochi anni, all’interno del castello, è stato anche aperto un museo del mare?
Alberto: ma quante ne sai?! Si, il MuMa. Davvero un’esperienza che consiglio a tutti per capire quanto sia importante proteggere la natura e quindi il mare.
Piero: a storia e mito si accompagna ovviamente anche la religione.
Alberto: è vero! Nel 1221, un santo missionario portoghese viaggiava su una nave proveniente dall’Africa e diretta a Lisbona; a causa di una violenta tempesta, l’imbarcazione fu dirottata verso Capo Milazzo e quel santo rimase qualche giorno riparato in una grotta: quel santo è Sant’Antonio da Padova ed il punto in cui sorgeva la grotta è diventato una chiesetta incantevole.
Piero: è meta continua di fedeli, specialmente il 13 giugno, giorno in cui si festeggia il Santo. Era tradizione recarcisi a piedi affrontando la complicata salita verso Capo Milazzo.
Alberto: che meraviglia! Bellissima la vista anche dal piazzale dal quale si può ammirare tutto il promontorio di Capo Milazzo, con Monte Trino, la baia e i monti Nebrodi sullo sfondo.
Angela: e cosa ci dici della città?
Alberto: c’è una passeggiata sul lungomare di levante molto bella: da qui si può ammirare tutto il golfo. Soprattutto la sera è un punto di ritrovo per la zona. Ci sono anche qui diversi ristoranti, bar e una gelateria eccezionale: si chiama Sikè (visita la sua pagina: facebook.com/sikegelato) e il mastro gelataio è davvero in gamba oltre ad essere uno dei più rinomati in Italia!
Angela: comunque Alberto, ci stai parlando di una bellissima cittadina di mare, in Sicilia e ancora non ci hai detto dove possiamo andare a farci un bel bagno al mare!
Piero: lo sai che Alberto deve sempre fare la guida turistica…
Alberto: che simpatici! Ce ne sono sicuramente tantissimi, ma i miei preferiti sono tre. Per andare al mare vi indico almeno tre posti diversi. Il primo e il più famoso è la Baia del Tono o ‘Ngonia del Tono. Mentre la passeggiata sul lungomare che vi menzionavo prima si trova a levante, il Tono è a ponente. Le parole servono a poco, guardate voi stessi dalle foto ed il breve video.
Angela: che meraviglia! Spero che ci siano anche degli stabilimenti balneari, lo sai che siamo sempre in viaggio con i bambini.
Alberto: certo, anche se gran parte della spiaggia è libera, ci sono diversi stabilimenti balneari con tutti i servizi a disposizione. Sono tutti molto belli, ma in particolare lo Stone Beach e l’Horizon sono tra i più in voga. Se invece cercate in zona un ristorante con hotel, puntate certamente su “Ngonia Bay”.
Angela: vedo dei sentieri nelle foto, si possono fare delle camminate?
Alberto: si, certamente! Prima camminando sulla spiaggia e poi lungo un sentiero che costeggia il promontorio. Uno dei percorsi più caratteristici si chiama “N’fennu e Paradisu”, che in dialetto vuol dire Inferno e Paradiso. Si parte proprio dalla costa di ponente, in prossimità della Baia del Tono, e risalendo una scalinata si arriva ad un punto con una splendida vista sulla città di Milazzo e la baia. Da lì inizia il sentiero che si snoda lungo le falesie a strapiombo sul mare fino ad arrivare in cima a Monte Trino, da cui si gode un fantastico panorama su tutto Capo Milazzo.
Piero: mancano ancora gli altri due posti per andare al mare!
Alberto: quanta fretta! Il secondo posto si trova proprio all’estremità del promontorio di Milazzo, le Piscine di Venere. Per arrivarci bisogna prima andare al Capo di Milazzo, necessariamente in auto e poi percorrere un sentiero in mezzo alla natura. Passerete in mezzo ad un uliveto, potrete ammirare un faro in funzione e poi percorrerete delle scale che vi porteranno a queste piscinette naturali.
Piero: la camminata ed il percorso per raggiungere il mare sono già da sé un’esperienza che vale la pena fare in ogni stagione dell’anno; basta guardare questo video di pochi secondi per rendersene conto!
Angela: certo che non deve essere per niente male trascorrere le vacanze a Milazzo…
Alberto: direi di no. So quanto vi piace mangiare e godere di una bella vista, quindi vi interesserà sapere che anche Capo Milazzo è un luogo di ritrovo. Ci sono vari ristoranti e lounge bar. Magari ci faremo un pranzetto al ristorante Bellavista.
Angela: perché no! Il tour lo stai organizzando tu, immagino che quindi offrirai sempre tu?
Alberto: io sono solo la vostra guida…
Piero: lascialo perdere, Alberto. Dicci piuttosto qual è il terzo e ultimo posticino per andare al mare.
Alberto: è un pò nascosto e non sempre affollato: bisogna fermarsi lungo la strada che porta a Capo di Milazzo. Vi si arriva attraverso una graziosa scalinata in mezzo al verde. Vi mostro le foto e magari la prossima estate vi ci potrò portare io stesso…
Angela: sarebbe fantastico. Ti troviamo in qualunque momento in Sicilia, no?
Alberto: esatto, sono a vostra disposizione.
Piero: grazie Alberto e…tranquillo, offriamo noi.
Angela: pensa che immaginavo Milazzo solo come porto di imbarco per le Isole Eolie, mentre invece scopro che essa stessa è terra di mare, di cultura e di storia!
Piero: per riepilogare guardate pure questo breve video!